L’opinione di Marciano: “Ad alzare una sciarpa ci vuole stile”

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Da “Il Biancoverde” n. 29 del 28/03/2014

Questa settimana, la rubrica “L’opinione di…” è dedicata al giornalista sportivo di Avellinofans Pellegrino Marciano.

“Ci sono quelle storie che, per un motivo o per un altro, incuriosiscono e non poco – dichiara -. E’ il caso dell’Avellino e la Serie B. Un feeling forse mai sbocciato del tutto, soprattutto negli ultimi anni, quando la categoria ha sempre rappresentato un “dramma”, dal punto di vista sportivo, s’intende. Promozione dalla C1 e automatica retrocessione. Passaggio per certi versi divenuto automatico. La cadetteria e la squadra biancoverde andavano d’accordo come il gatto con il topo. Convivenza, dunque, pareva proprio non poterci essere. Bisognava, forse, resettare un po’ i meccanismi per rinfrescarsi un po’ le idee. Così è stato. Fallimento e risalita dalla serie D, dalla polvere. Nuova società, nuovi calciatori ma non proprio tutti gli stessi tifosi di sempre. Quando poi la squadra è riuscita a raggiungere la Prima Divisione – continua – ecco che un pensierino al ritorno nel calcio che conta si è cominciato a farlo. Primo anno di transizione e poi il successo, bellissimo, in quel di Catanzaro dopo una cavalcata indimenticabile. Il gol di Zigoni, le inutili lamentele dei rosiconi di turno, le lacrime di Biancolino, l’ennesima festa in città. Tutto troppo bello, ancora una volta.
Sì, ma questa è quella buona o ancora una volta vi sarà indecisione e gestione fallimentare? Si chiedeva la piazza. Un allenatore e tanti giocatori esordienti in serie B, in un campionato lungo e complesso, in cui servono i cosiddetti attributi. L’Avellino potrà conquistare finalmente la salvezza? La risposta l’ha data praticamente una campagna acquisti oculata e mirata. Prima le riconferme, poi tutto il resto. Gioiellini come Zappacosta, Izzo e Bittante non si fanno di certo sfuggire. Per non parlare del capolavoro Arini, messo a segno nel gennaio precedente – ammette Marciano -. E poi l’esperienza dei senatori Castaldo, Biancolino, Fabbro e Millesi rinforzata dagli acquisti di altri veterani. Mi viene in mente Peccarisi. Arrivato ad Avellino con l’appellativo di riserva e giocatore in declino, ma rivelatosi nel corso della stagione prezioso. Tanto prezioso. Come si fa, poi, a non rendere merito a un direttore sportivo come Enzo De Vito, sempre disponibile come persona e spesso impeccabile come dirigente. Tornando alle domande che la piazza si poneva dal 5 maggio in poi, le risposte sono semplici. Questa volta l’Avellino ce la farà semplicemente perché alle spalle vi è una società umile, solida e soprattutto passionale. Persone che amano i colori biancoverdi e che faticano nel dover svestire i panni di tifosi per mantenere l’aplomb dei dirigenti. L’Avellino quest’anno non può fallire anche per un altro motivo: il pubblico. Coloro che in passato hanno spesso pressato i giocatori, stavolta dimostrano maturità. Fattore importante e da non sottovalutare, perché se indossi la maglia biancoverde devi essere tranquillo per rendere al massimo. Sembrano averlo capito gli encomiabili supporter avellinesi, che in massa seguono la squadra ovunque senza però pretendere chissà che. Si sussurra di un sogno, possibile o meno. Si parla di una categoria superiore a cui si è cominciato a guardare grazie alle prestazioni di giocatori prima veri uomini e poi atleti. E’ quello che serve per giocare ad Avellino. I nomi altisonanti li lasciamo agli altri, qui c’è bisogno solo di un cuore grande e di tanto spirito di sacrificio. Allora sì che sarai amato. Ne sa qualcosa Angelo D’Angelo, ormai beniamino della folla e leader dello spogliatoio. Voglio astenermi dal giudicare le singole partite, gli errori arbitrali o gli eventuali top e flop di turno. La stagione dell’Avellino va solo esaltata e ammirata. Tante le soddisfazioni. A partire dai 37 punti conquistati nel girone di andata sino al match giocato allo Juventus Stadium. Un sogno per molti dei calciatori biancoverdi. Un obiettivo raggiunto grazie al sudore e alla voglia di gettare il cuore oltre l’ostacolo. E poi i complimenti, giunti dall’Italia intera per aver insegnato la sciarpata ormai a tutto lo Stivale. Alcuni tentano di copiarci ma senza successo. Bisogna pur perdonarli ed essere magnanimi perché anche nell’alzare semplicemente una sciarpa al cielo ci vuole stile. Vogliamo parlare della serenità dell’ambiente, dello spogliatoio unito e del fantastico gruppo che Rastelli si ritrova ad allenare? Sarebbe banale. Non ci sono aggettivi per descrivere ciò che si sta realizzando nel campionato corrente. E’ molto più di una promozione in serie A. L’Avellino ha vinto il suo scudetto personale e ha scacciato, questa volta sì, la maledizione che durava ormai da troppi anni. Finalmente il gatto è riuscito ad acchiappare il topo. Ora che provi a sfuggire” – conclude -.

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