AVELLINO- “Mio nipote ha due bimbi piccoli che chiedono del papà, ha bisogno di riabilitazione ed è arrivato a pesare 25kg, noi lanciamo un appello affinché si trovi un centro, vogliamo portare a casa nostro nipote e vogliamo giustizia per Paolo”. Nonna Cira da ottobre e’ insieme ai suoi familiari al Moscati, aspettando un segnale che gli facesse sperare in un epilogo positivo per la sorte di suo nipote, ventisei anni, ridotto in fin di vita dopo una spedizione punitiva all’interno del carcere di Bellizzi Irpino. Un raid, quello ai danni di Paolo Piccolo, per cui sono a processo dieci detenuti identificati dalle indagini di Polizia Penitenziaria e Squadra Mobile. Il calvario di Paolo però non è finito. Il giovane in coma ha bisogno di cure riabilitative ma nessun centro per ora ha dato la sua disponibilità ad accogliere il ventiseienne per le cure. Una vicenda su cui il Garante provinciale per i detenuti Carlo Mele ha scritto alle varie autorità e questa mattina ja voluto rappresentarlo anche alla stampa. “Mio nipote non ha mai fatto parte di nessun clan- ha spiegato nonna Cira- ha sbagliato da solo, stava pagando, non si fanno queste cose. Mio nipote ora si deve riprendere, ha due bambini piccoli e cercano il papà. E noi vogliamo che il mio nipote possa essere ospitato in un centro di riabilizzazione perché ha 26 anni ed è un ragazzo. Pensate che e’ diventato 25 kg. Si deve riprendere, perché ce la dobbiamo portare a casa”.
Il Garante dei detenuti Carlo Mele ha ricordato come “la situazione è stata monitorata in tutti questi mesi. Io ultimamente ho sentito la mamma, disperata perché anche lei si sta dando da fare per cercare per questo figlio un’alternativa. Perché è vero che in stato vegetativo ma se continua a restare in ospedale, dove è possibile assicurare solo la continuazione di una speranza di ripresa, ma adesso ha necessità che tutta l’attività muscolare venga sollecitata. Allora allora io ho raccolto anche questa lamentela da parte del personale medico dell’ospedale che chiaramente dice più di questo non possiamo fare. È necessario per questo ragazzo, che è in coma in stato vegetativo, ma il Papa ci chiede di avere speranza e quindi domani si potrebbe risvegliare all’improvviso. Allora l’attenzione di oggi è quella di richiamare un po’ le istituzioni sanitarie preposte a dare un’opportunità di futuro a questo giovane che era in carcere, ma adesso non si sa che cos’è. È comunque un cittadino, è un giovane ragazzo”. A spiegare la vicenda anche Costantino Cardiello, l’ avvocato della famiglia Piccolo, questa mattina presente insieme al Garante provinciale per i detenuti Carlo Mele e i familiari di Pasquale davanti al Moscati di Avellino: “L’avvocato ha chiamato le cose con il loro nome: “La cosa più urgente da trovare adesso è la possibilità che dopo la sopravvivenza che gli ha garantito la struttura Moscati che e’ alle mie spalle, non sia stato un tentativo vano. Perché in questo momento Paolo ha un peso ponderale di 24 kg, quindi sta sopravvivendo e le sue condizioni possono essere mantenute in vita, non più al Moscati ma in una struttura riabilitativa. Vedo purtroppo che questa vicenda può essere racchiusa in una sola parola: impotenza. C’è stata un impotenza dello Stato, sia quando da detenuto non è riuscito garantirgli la tutela della salute in carcere e l’impotenza anche dell’amministrazione sanitaria a trovare velocemente una struttura di riabilitazione”. Anche perche’ si tratta dell’ ultimo tentativo: ” per mantenere in vita questo giovane che e’ vittima di una congiuntura particolare all’interno del carcere, era una situazione che non doveva verificarsi e si è verificata, ma adesso non significa che deve pagare con la propria vita”. E ha concluso: “Siamo ancora in uno Stato di diritto? Se sì, quel diritto vale anche per Paolo. Se no, diciamolo una volta per tutte: che la legge è solo un lusso per chi se lo può permettere”.