L’analisi, bocciato alla prova del 9: l’Avellino non è ancora grande

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Vedendo giocare l’Avellino ieri contro il Vicenza, la mente ha riavvolto il nastro per tornare al 12 aprile. Sette mesi prima, altro campionato, altra dimensione in cui si registra l’ultimo ko casalingo dei lupi con il Brescia, il culmine del difficile inverno che mise a dura prova la tenuta della squadra di Rastelli. La sconfitta con i veneti ha riproposto un copione assai simile a quello del girone di ritorno della passata stagione, quando i biancoverdi sfondavano a fatica dopo gli ingenti sforzi profusi prima del giro di boa. Contro la formazione di Pasquale Marino, l’Avellino avrebbe dovuto imporre i propri ritmi di gioco, ma è stata proprio l’incapacità di fare la partita che è balzata con forte evidenza all’occhio. Fasce bloccate, centrocampo intasato: il tecnico del Vicenza ha vinto il confronto a scacchi con Rastelli che ha visto piombargli addosso improvvisamente l’incubo di Cittadella. L’esame di riparazione è fissato sabato contro il Varese.

Perplessità. Il trainer biancoverde, che a ragione non si è mai fidato del Vicenza alla vigilia, ha preparato la sfida impostando il suo undici con la mediana a rombo. L’unico precedente senza 3-5-2 dal 1’ era stato il match con il Livorno. Allora però c’era Soumarè tra le linee, mentre per l’occasione con i veneti è stato schierato a sorpresa capitan D’Angelo. Al mastino di Ascea, Rastelli ha chiesto di braccare Di Gennaro nella fase di costruzione della manovra biancorossa ed in quella di possesso biancoverde l’ultimo passaggio, attitudine non proprio nelle corde di un gladiatore dedito più a lottare e fare legna per i compagni. Ecco allora che l’Avellino è mancato di lucidità ed imprevedibilità quando si è trattato di proporre qualche buona trama offensiva

Riserva. Sottotono e irriconoscibile al di là di ogni disquisizione di natura tecnica o tattica. L’Avellino è apparso un po’ in debito d’ossigeno nei suoi uomini chiave. Kone, reduce da un affaticamento in settimana, ha mostrato la brutta copia della devastante locomotiva che guidava la transizione dalla propria trequarti. Castaldo ha bisogno di riposare. Il capocannoniere del campionato non può sempre cantare e portare la croce. Giocare un terzo di stagione tutta d’un fiato e a ritmi infernali impone a un calciatore di 32 anni un po’ di riposo, soprattutto quando alle viste c’è il tour de force dicembrino. Escluderlo non è semplice, ma Rastelli dovrà pensarci tra Varese e Virtus Entella.

Nessun dramma. Ko come questi possono starci nell’arco di un campionato, a patto che restino incidenti di percorso e servano da lezione per il prosieguo del cammino. L’Avellino non ha peccato di presunzione: ha giocato con l’umiltà predicata costantemente dal suo tecnico ma è stato sorpreso da un Vicenza sicuramente più pimpante e rinfrancato dalla cura Marino. Oggettivamente i lupi hanno gettato alle ortiche l’occasione di agguantare un secondo posto dal sapore di A, ma nulla è perduto perché il vero Avellino non può essere quello spento e opaco imbrigliato dal Vicenza. Nessun dramma, ok. Urge però un pronto riscatto per dimostrare di esserci lassù, di essere grande una volta per tutte.

(di Claudio De Vito)

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