L’analisi – Arrighini salva l’Avellino dal profondo…rosso

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Ad un certo punto del primo freddo pomeriggio al “Partenio-Lombardi”, è sembrato di rivedere l’immaturo Avellino della passata stagione. Quello fattosi beffare in casa da Siena e Brescia per intenderci. La macchina del tempo è arrivata puntuale a metà ripresa della partita con lo spauracchio Lanciano, quando Mammarella, dopo una raffica di cartellini di ogni specie (sacrosanti, per carità), ha fatto breccia nella difesa biancoverde orfana del suo ‘rissoso’ condottiero Rodrigo Ely. Arrighini poi ci ha messo una pezza, scaricando alle spalle del portiere tutta la sua voglia di esplodere e di affermarsi su un palcoscenico finora calcato in punta di piedi.
Alla fine il bicchiere non può che essere mezzo pieno per Rastelli e i suoi uomini, che evidentemente hanno un particolare feeling con la reazione: coppa compresa, sono due i pareggi e tre le vittorie ottenute dopo aver incassato lo schiaffo.

Un calcio all’emergenza. Che sarebbe potuta essere una partita stregata o quasi, lo si era immaginato dalle premesse dettate da un’intera settimana. Fuori causa muscoli e polmoni della mediana, quelli di Kone e Schiavon, il peso specifico nel perimetro dell’area di Comi ed in parte i reduci della Nazionale di categoria Chiosa e Bittante, Rastelli ha rilanciato dal 1’ i lungodegenti D’Angelo e Regoli, Vergara e Arrighini, tenuti in naftalina, e Zito. Nonostante mezza formazione rivoluzionata nel segno del 3-5-2, l’Avellino è partito bene sfruttando le corsie laterali, soprattutto quella destra, e conquistando calci piazzati a ridosso degli ultimi sedici metri avversari. Meccanismi poco collaudati, invece, per vie centrali, dove D’Angelo, Arini e Zito non avevano mai giocato insieme. E proprio da un malinteso tra il capitano ed il numero quattro, è nata la feroce ripartenza rossonera che avrebbe potuto far male con Gatto prima e Thiam poi per ben due volte. La repentina sequenza di occasioni, tutte in un solo colpo, ha segnato il passaggio del pallino del gioco nelle mani degli abruzzesi che, seppur non creando grossi pericoli, hanno mostrato un discreto giro palla pronto ad innescare Piccolo e lo stesso Gatto sugli esterni del tridente.

Grandine rossa. La ripresa che non ti aspetti sotto il profilo delle emozioni e degli episodi. Passano infatti sette minuti e Thiam e Rodrigo Ely fanno presto ritorno negli spogliatoi. L’Avellino ne risulta più penalizzato, dovendo stravolgere l’assetto difensivo con l’arretramento di Regoli e Visconti. La tempesta di espulsioni prosegue poco dopo con l’allontanamento dal campo di Ferrario al quale Arrighini ha fatto venire il mal di testa. E’ la scintilla che spinge Rastelli a tentare il tutto per tutto per aggiudicarsi l’intera posta in palio: fuori D’Angelo e dentro l’uomo dei gol pesanti Comi. Si passa dal 4-3-2 al 3-4-2 con Arrighini alto a destra ma nella sostanza terzo interprete d’attacco con il neo entrato e Castaldo. La mossa non paga. Il cambio tattico, infatti, non viene metabolizzato in tempo per evitare lo sbandamento che porta il Lanciano ad assaporare l’idea del tre su tre in B con l’Avellino (Pisacane è fuori posizione, Vergara isolato si lascia prendere d’infilata dall’inserimento di Mammarella). Ma la sagra dell’espulsione va avanti e vi partecipa anche Visconti, ingenuo nel rimediare entrambe le ammonizioni.

Sospiro di sollievo. Altro rosso, altra rivoluzione. A schemi saltati da un pezzo e sotto di un gol, l’Avellino alza il baricentro con soli due difensori di ruolo come Vergara e Pisacane, tre centrocampisti (Arini è l’unico puro con Regoli e Soumarè larghi) e tre attaccanti. Tuttavia è soltanto una questione di carattere e temperamento, quelli che portano i biancoverdi ad agguantare il sospirato pareggio a dieci dal termine. La felicità dell’attaccante pisano è sufficiente per intiepidire i cuori biancoverdi. Per riscaldarli, al momento, non basta, ma al “Partenio-Lombardi” è iniziato il tempo da lupi.

(di Claudio De Vito)

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