Ipercoop, ore decisive. La rabbia dei lavoratori: “Inutili cinque mesi di sciopero”

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Marco Grasso – “Cinque mesi di sciopero sono stati inutili. Abbiamo iniziato la protesta per difendere 133 posti di lavoro, non 83. Siamo tornati al punto di partenza”. Sono ore decisive per il futuro dei lavoratori dell’Ipercoop di Contrada Baccanico e Valentina D’Alessio, una delle lavoratrici in prima linea dal primo giorno di sciopero, non nasconde la sua delusione.

“Stiamo vivendo un incubo da mesi, ed ora ci troviamo a dover decidere tra diverse opzioni tutte al ribasso. La verità è che in questa vertenza ci hanno lasciati soli fin dall’inizio. Nessuno ci ha mai affiancato e sostenuto fino in fondo. Siamo arrivati ad un punto in cui è messa è in discussione anche la nostra dignità”.

Ieri, al Mise, è andata in scena la protesta dei lavoratori delle sedi Coop del Lazio. Oltre mille persone si sono ritrovate a Roma in via Molise in vista della chiusura di ben otto punti vendita. In tutto i lavoratori diretti a rischio sono 270, a cui bisogna aggiungere un indotto di almeno 100 tra vigilanza, fornitori e pulizie.

La crisi riguarda la Unicoop Tirreno, che fa parte del sistema Coop. Il timore dei sindacati è che la cessione degli otto punti vendita sia il preludio a lasciare anche le altre città del Lazio.

“Massima solidarietà per tutti i lavoratori, anche se è giusto ricordare che la vertenza Coop si è aperta ad Avellino. Il nostro caso – osserva Valentina – avrebbe dovuto fare da apripista e compattare la protesta di tutte le sedi italiane a rischio chiusura. Così non è stato. Abbiamo riscontrato pochissima solidarietà, è questa l’amara verità. Siamo rimasti da soli a gestire una situazione complicatissima. Gli altri hanno avuto maggiore attenzione mediatica a livello nazionale, magari senza neanche proclamare, come noi, lo sciopero generale”.

Il 5 ottobre lavoratori e sindacato torneranno al Mise per mettere nero su bianco su un accordo che fissa in 83 il numero dei lavoratori che saranno assorbiti da Az Market. Gli altri dovranno optare tra esodi incentivati, trasferimenti al Nord o la gestione del bar che il gruppo calabrese intende affidare a dieci lavoratori. Altre alternative al licenziamento non ce ne sono. “Fa rabbia dover decidere del proprio futuro in questo modo. Quando abbiamo iniziato a scioperare – conclude Valentina – non avremmo mai pensato che potesse finire così”.