Ugo Grassi, circa 1500 persone a salutare Luigi Di Maio ad Avellino. Se l’aspettava?
“Forse lo speravo senza confessarlo neanche a me stesso. Di certo quando mi son trovato davanti quell’aula piena, strapiena, dove l’entusiasmo e la speranza erano travolgenti mi sono profondamente emozionato perché ho avuto ulteriore conferma di quale enorme responsabilità potrebbe gravare sulle mie spalle in caso di elezione.”
E’ di ieri un articolo sul Corriere della Sera (leggi qui) di Antonio Polito che evidenzia il caso Avellino come emblema di ciò che potrebbe accadere il 4 Marzo, un un’ottica di scontro tra Movimento Cinquestelle e vecchio blocco di potere. E’ d’accordo?
“Detto così sembra quasi “noi contro il resto del mondo”. Credo che a questo punto dell’evoluzione del Movimento sia arrivato il momento di buttar giù due righe (magari venti eh) per chiarire davvero chi siamo a chi ancora non lo avesse capito perché imbibito delle assurdità scritte dalla stampa ostile.
Diciamo subito cosa NON siamo. Non siamo un accidente della storia, saltati fuori come conigli dal cappello di un prestigiatore burlone (o, secondo alcuni, dalla manica di un comico con deliri di onnipotenza). Se non siamo questo cosa siamo?
Per rispondere dobbiamo tornare indietro. Un po’ indietro. Su su fino ai primi anni ’80, anni in cui nel paese termina l’onda lunga di una rivoluzione mancata (segnata da quella guerra civile che fu il terrorismo sia di destra sia di sinistra). Anni in cui si afferma la “Milano da bere”. Credo che lì inizi quella che possiamo chiamare “la separazione”. Inizia la separazione tra la base dei partiti ed i suoi eletti. I nostri rappresentanti iniziano pian piano, prima qualcuno, poi qualcun altro, poi molti, a trasformarsi in una élite, una oligarchia. Diventano distanti, arroganti, lontani. Inizia a sfaldarsi quel rapporto col cittadino, con l’elettore. I nostri politici perdono quella dimensione “domestica” con cui custodivano la loro dimensione umana e coltivavano la politica come un’arte artigianale (ma attenzione, in questo passaggio era annidato il germe di ciò che sarebbe accaduto).
All’inizio si tratta di un smottamento, poi la massa pian piano aumenta fin quando questa separazione, impastata di corruzione, connivenza con interessi esteri ed ogni altra nefandezza politica e penale diventa una valanga che tutto inizia a travolgere.
E quelle basi? Quei comitati di quartiere? Orfani di tutti i partiti della “prima repubblica” quelle basi che fanno? Immaginatevi questa metafora: un paese intero dove i suoi abitanti sono acerrimi avversari (non nemici) è travolto da un uragano che non uccide le persone ma le lascia prive di tutto. Nude, senza una casa. La metafora è quasi perfetta salvo che nella realtà ci sono i morti per cancro, per mafia…
In una tale situazione di emergenza gli antichi contrasti vengono messi da parte. Bisogna trovare un rifugio, bisogna ricostruire. E tutte queste persone iniziano a raggrupparsi sotto una tettoia, messa su da un comico, il quale grazie al fatto che poteva urlare un po’ più forte degli altri, era riuscito a dire: venite, venite qui, ho messo su una baracca, venite così vi riparate.
E lì dentro si ritrovano persone che mai avrebbero immaginato di potersi così profondamente unire. Persone provenienti da ambienti ideologici lontani come le galassie si “scoprono” (ma già lo sapevano) fratelli, amici, parenti. Il vaffanculo day fu il primo grido di battaglia: fu un urlo lanciato a quella oligarchia. Forse la storia dirà che era molto di più (o magari molto di meno). Forse fu una sonora pernacchia. Di certo vi è che a quel comico dobbiamo molto. Ad avercene di più di intellettuali altrettanto comici.”
Polito, inoltre, nel suo articolo, ha fatto riferimento al suo legame familiare con il banchiere ed economista Pellegrino Capaldo, che definisce “una delle personalità più interessanti e colte del cattolicesimo democratico”. Dove affonda le radici il suo credo politico?
“A me piace molto, pur nel dissenso su molti atri temi, ciò che dice Gianni Vattimo quando pone l’accento sul concetto cristiano di Kènosis, cioè la scelta di Dio di “abbassarsi” e farsi uomo, e mi porta a capire che, di là dalle posizioni politiche, noi tutti, anche se atei, portiamo dentro questo DNA dell’etica. Certo, prima di lui ci fu il famoso saggio di Croce, ma mi piace che qualcuno ogni tanto lo ricordi. Io sono di certo un moderato, ma un moderato definitivamente segnato dalla frase di Norberto Bobbio, che sottolinea che non si può non stare dalla parte di quei nove decimi dell’umanità che nascono, vivono e muoiono come topi. E si badi questa orgogliosa rivendicazione è, per un giurista come me, null’altro che una rivendicazione del primato costituzionale del principio di uguaglianza sostanziale per cui situazioni diverse vanno trattate in modo differenziato tenendo conto delle specificità, nonché del fondamentale principio di rispetto della dignità della persona. Il riferimento al cattolicesimo democratico per creare un ponte tra ere geologiche diverse è, a mio avviso, frutto di una lettura delle prospettive della “società pensante” secondo schemi ormai lontani. Io, ad esempio, sono contrario alle Unioni Civili, sol perché mi piace assai di più la scelta dell’ordinamento spagnolo di modificare il codice civile e di sostituire le parole “marito e moglie” con le parole “coniugi”. E’ l’illuminista che è in me che mi fa preferire questa soluzione: molto più ordinata, semplice e trasparente, in luogo di un ipocrita matrimonio light aperto anche agli omosessuali. Non è difficile capire quale sia la mia posizione su altri temi etici, come ad esempio l’eutanasia.
In realtà la vera sfida culturale per il futuro ci impone di domandarci come possa la libertà d’impresa – posta oltre la gestione dei beni essenziali alla dignitosa sopravvivenza, ancorché valore delle società libere – coniugarsi con la tendenza del capitalismo a divenire ingordo sì da spingere i profitti alle stelle, ben oltre quanto un uomo possa spendere per vivere nel lusso e ciò a scapito della dignità dei molti. Invero non conosco la risposta, ma non riesco a sottrarmi alla domanda. Questa domanda è alla base della tanto derisa “decrescita felice”. Hanno usato questa frase senza capire che non è un invito ad impoverirsi, ma è solo la sintesi dei problemi che dal mio quesito scaturiscono. La ricchezza e la qualità della vita sono date, alla fine, dal lavoro. Ma i beni lavorabili sono una quantità finita, perché “finito” è il nostro pianeta. Quella domanda può allora avere due possibili risposte: una sta nel processo educativo, cui affidare il compito di far crescere nelle nostre coscienze l’idea che l’ingordigia è un disvalore sociale gravissimo; l’altra sta nel pensiero visionario di Elon Musk che ha già compreso che la nostra sopravvivenza come specie sta nel migrare verso altri pianeti.
Lei sta girando l’Irpinia in lungo e in largo in questa campagna elettorale. Qual è la sua percezione tra la gente?
“Comunque vada dopo questo mese di campagna elettorale non sarò più la stessa persona. Avverto il senso di sconfitta di chi ritiene il suo futuro addirittura assente. Fa male sentirlo in quelle strette di mano. Mi sembra però che ci sia una fortissima voglia di voltare pagina. E mi sembra abbiano capito che chi ancora promette qualcosa in cambio di voti in realtà non ha più nulla da scambiare. Ed invece questa terra ha bisogno di riprogettazione, cioè di consulenza per l’accesso ai fondi, ha bisogno di eliminare tanta burocrazia, per favorire l’avvio di attività d’impresa. Ma ha bisogno anche di soluzioni urgenti per un primo immediato slancio economico. Penso, un esempio tra tanti, alla possibilità di favorire il sorgere di una ospitalità domestico-alberghiera per visitare l’Irpinia dormendo di casa in casa (assicurati requisiti minimi di confort), e che dia vita ad un circuito turistico enogastronomico. Le idee sono moltissime.”
E’ sicuro di vincere?
“Il Corriere mi attribuisce una baldanza che mi imbarazza. Antonio Polito aveva esordito facendomi capire (ma avrò frainteso io) che vedeva difficile una mia vittoria nel cuore del potere della vecchia DC. Gli ho solo detto che la partita è aperta e che le elezioni potrebbero svelare una sorpresa rispetto a ciò che gli appariva. Ma forse l’entusiasmo che i miei occhi tradiscono lo avranno indotto a calcare un po’ la mano. Colpa mia. E’ comunque un bell’articolo.”
E’ d’accordo con gli opinionisti che, anche in Irpinia, identificano un “patto di desistenza” tra centrodestra e centrosinistra per affondare i cinquestelle?
“E’ l’unica via razionale che potrebbero percorrere per ostacolarci. E poiché i nostri avversari stupidi non sono, ritengo che questo tentativo potrebbe essere fatto. Fossi in loro però mi farei due conti prima di metterla in atto. Perché se le urne daranno questo esito, che siamo di fronte ad un regime con un partito unico sarà evidente a tutti, anche agli ultimi irriducibili della difesa ideologica. Fermarsi prima sarebbe un modo di chiudere la carriera politica con un minimo di onore.”
Mancano poco più di due settimane per convincere gli elettori…
“Due settimane per fare volantinaggio, per parlare con le persone una ad una, per guardarle negli occhi sperando che capiscano che un movimento che si basa solo sul voto d’opinione è un movimento di uomini liberi. E chi è libero può scrivere leggi di buon senso nell’interesse della collettività, nonché del fondamentale principio di rispetto della dignità della persona.”