Avellino – Con la convenzione provinciale di oggi si sono chiusi gli appuntamenti locali in vista delle Primarie del Pd. Ma alla fine i nodi restano ed è quasi inutile spettinare la testa di un partito che, nonostante un’apparente serenità, è ancora diviso. Appelli all’unità e non all’unitarietà sono stati lanciati da più fronti. A Federico Biondi, il compito di presiedere al congresso da tutti percepito come “fase di rifondazione democratica”. Otto i delegati eletti per la convenzione nazionale dell’11 ottobre: quattro per la mozione Franceschini, tre per quella Bersani e uno per Marino. A Roma, tra qualche piccola polemica tra Carmine Russo ed Andrea Forgione che ha colorato il dibattito, andranno: Giuseppe Galasso, Donatella Martino, Pasquale Ricci e Wanda Grassi per la mozione Franceschini, Luana Evangelista, Rodolfo Salzarulo (rappresentante di Territori e Nuove Generazioni) e Francesca Contino per Bersani e Franco Iovino per la mozione Marino.
E non poteva che Enzo De Luca ad aprire la discussione e spianare la strada ai rappresentanti delle tre mozioni. “Questo deve essere un momento di riflessione e di franchezza. Il Pd qui riunito sta celebrando una sfida straordinaria in una società priva di identità. Adesso dobbiamo essere più che mai una speranza. Tutti gli iscritti, seppur con qualche tensione come naturale che sia, devono riflettere sulle proprie responsabilità. Nonostante il Governo contro ed un risultato elettorale negativo, dobbiamo avere la consapevolezza e trovare le energie per uscire dalla crisi. Noi, insieme a tutto il centrosinistra, rappresentiamo la possibilità per venire fuori da questo periodo buio. Dobbiamo, però, recuperare la credibilità che gli elettori hanno perso nelle istituzioni e soprattutto trovare un punto di raccordo in vista delle prossime scadenze politiche. Il mio appello all’unità non è ipocrita. Voglio che all’interno dei democratici non esistano più ‘ex’ perché, sinceramente, non comprendo questa divisione. Nulla è compromesso e nulla è scontato ed è per questo che dobbiamo fare la nostra parte al di là delle tre mozioni. Non bisogna sposare l’idea del trasformismo di fronte al rischio, questa è la logica berlusconiana che non ci appartiene. Il Governo è in mano al centrodestra, lo è anche la Provincia se ci abbattiamo davanti a ciò porremo fine alla parola politica. Abbiamo un compito ed davanti a noi una sfida epocale combattuta da storia, cultura e appartenenza”.
È toccato a Giuseppe Galasso, sindaco di Avellino, sviscerare la natura del congresso: “Nel 2007 la vittoria di Veltroni è stata per lo più scontata. È ora che nasce il Partito Democratico. Il nostro dovere è quello di recuperare i rapporti con la comunità che, per colpa nostra, abbiamo perso. Tutte le difficoltà vissute in queste fasi congressuali non devono essere lette in chiave negativa, ma positiva: mostriamo di essere un partito vitale. Il 25 ottobre si eleggerà il segretario di tutti che dovrà essere supportato dai voti di tutti e dal giorno dopo non ci dovranno più essere divisioni interne. L’unità non deve partire da Roma, ma dalle piccole realtà. I nostri avversari non sono i delegati delle altre mozioni, ma tutto il centrodestra”. Passaggio d’obbligo sulle regionali: “Non dobbiamo arrivare a questo appuntamento divisi, ma soprattutto dobbiamo smentire quanti ci danno per finiti. I sondaggi danno in calo il centrodestra ed è ora che dobbiamo essere propositivi. Avellino è un laboratorio democratico di grande importanza ed è per questo che nel Pd non ci sarà nessun vincitore. A vincere sarà solo il Pd”.
La fase successiva della convenzione è stata incentrata sugli interventi dei tre rappresentanti delle mozioni: Rodolfo Salzarulo, Carmine De Blasio e Franco Vittoria. Il sindaco di Lioni ha più volte rimarcato la necessità di raddrizzare “…la realtà deformata offerta da tre settimane di guerre intestine. Il partito è diventato solo il participio passato del verbo partire e non l’espressione di persone vive. Il nostro tempo è scandito dalla società della disuguaglianza ed è stato il nostro nemico che ha innestato sulle ineguaglianze le paure per costruire i suoi castelli. Questo Governo si è costituito sui canoni di bellezza e sulle telenovela e noi cosa facciamo? Litighiamo sulle mozioni. Ho scelto Bersani per la sua idea di partito strutturato. La politica deve partire dalle periferie al centro e mettere in moto idee e persone. Berlusconi ha unito Lombardia, Nord-Est e Sicilia emarginando definitivamente il Sud. Non dimentichiamo che nel 2003 la provincia di Avellino è stata la prima per insediamento metalmeccanico. Abbiamo le risorse lavoro e tecnologiche, ma non si investe perché, ora, siamo numericamente irrilevanti. Il lavoro non deve essere un regalo, ma un diritto. E mi dispiace contraddire il pensiero di Vittoria. Noi non saremo un partito caserma, ma daremo gambe e forza ad un progetto che dia dignità agli esclusi”.
Meno clemente Carmine De Blasio per la mozione Franceschini. “Stiamo dando l’immagine di un partito logorato e ferito e che non ce la farà ad andare avanti. Questo non è il Pd per il quale ci siamo impegnati. Dobbiamo chiedere scusa per lo spettacolo indegno che stiamo dando. In questo clima di difficoltà dobbiamo dare risposte, non distruggere speranze. Abbiamo toccato il fondo ed è ora di rialzarci. Ne avvertiamo la necessità e ne abbiamo la volontà. Se in casa piove non occorre cambiare le tegole, ma rifare il tetto. Tra di noi non c’è chi è più forte, ma chi è più bravo e il più bravo è colui che sa indicare come uscire dalla condizione di tristezza nella quale ci siamo cacciati”.
Ultimo a prendere parola, prima del passaggio al dibattito dei delegati, è stato Franco Vittoria in forza alla mozione Marino: “Sono stato il capro espiatorio di questo Pd e l’unico a pagare. Dopo la sconfitta di Alberta De Simone sono stato il solo a sostenerla nonostante le perplessità espresse sulla sua candidatura. Gli altri, che come me non erano d’accordo sono fuggiti dalla nave che stava affondando. Quando sono stato cacciato, o mandato via, si è detto che il mio sostituto avrebbe fatto del bene al partito. Sinceramente questo miglioramento non lo vedo. Dobbiamo avere il costume di ragionare nei luoghi, perché il dibattito non si riduca su chi candidare. Dobbiamo condividere idee perché le mozioni non ci diranno chi sarà il prossimo segretario provinciale. Le paure e le speranze di questa società devono essere parole imperanti per tutti noi. Io dico una cosa: non è che dobbiamo mettere da parte gli ‘ex’ ma le loro pratiche. Ognuno di noi è una forza all’interno del partito, ma fino a quando non ci saranno militanza ed appartenenza il Partito Democratico ad Avellino non ci sarà mai. Vada bene la divisione sui contenuti, ma è intollerabile quella sull’appartenenza. La mozione Marino è riuscita a ridare alla gente l’idea di partito e mai, dopo il 25 ottobre, stringerà accordi con nessuno. Noi saremo la terza strada e l’unico patto lo stringeremo con la gente comune”. (di Marianna Marrazzo)