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Partiamo da un presupposto, anzi due: chi scrive ha sempre appoggiato (cambio più cambio meno) l’operato di Massimo Rastelli e ritenuto un gioco da ragazzi giudicare le sue scelte (e in generale quelle di un allenatore) al 91esimo minuto, a posteriori. Ma per avere la giusta dimensione di una partita, bisogna addentrarsi nell’analisi delle scelte della guida tecnica, soprattutto quando queste si rivelano decisive per le sorti di una gara.
Discutibili ed eloquenti quelle operate oggi con il Cittadella dal trainer di Torre del Greco, che ha visto materializzarsi sotto i propri occhi un’altra debacle in stile Padova, lontana tre mesi nel tempo ma pochi chilometri nello spazio. In principio, il tecnico biancoverde ha dovuto incassare la virata del collega Foscarini sul 4-3-3. Non che fosse un’eventualità così remota, ma il tridente varato dal totem granata qualche grattacapo lo ha creato sulla destra della retroguardia irpina, messa in apprensione da Sgrigna e dagli inserimenti di Barreca dalle retrovie.
L’ingresso di Fabbro per un disastroso Bittante con conseguente avanzamento di Pisacane non ha mutato le cose né tantomeno convinto, a maggior ragione quando in panchina c’è un elemento come Regoli che per caratteristiche è il sostituto naturale del laterale scuola Fiorentina. E non a caso proprio da una fascia destra scompaginata è nata la rete di Sgrigna.
Il secondo tempo, invece, è stato un susseguirsi di trasformazioni tattiche: 4-4-2 (che ha finito per confinare sulla fascia un Kone già nullo), 4-3-3 a specchio ed infine 4-3-1-2 con l’innesto di Soumarè tra le linee. Nessuna scossa, anzi soltanto tanta confusione nella testa dei calciatori tra l’altro ancora non supportati dalla migliore condizione fisica.
Calciatori, va ricordato, che hanno bisogno di tempo per trovare la giusta intesa in campo alla luce degli enormi cambiamenti apportato alla rosa. Il ko non ridimensiona affatto un Avellino da sempre umile in linea con i dettami del suo allenatore. Si tratta comunque di un brusco passo indietro, non tanto sul piano del gioco bensì su quello delle certezze ottenute in queste prime fasi. Rastelli ha battuto la mano sul petto in segno di mea culpa. L’assunzione di responsabilità è un atto nobile nei confronti di squadra, società e pubblico, che tuttavia non gli risparmierà le critiche del caso. (@claudio_devito)
Redazione Irpinia
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