FOTO E VIDEO / Ammazzato dalla camorra 28 anni fa. Ma ancora non si conoscono mandanti ed esecutori. “Uno Stato serio dovrebbe fare di più”: la rabbia della vedova Campanello

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Alfredo Picariello – “Siamo indignati”. Antonietta Oliva, vedova di Pasquale Campanello, ha gli occhi lucidi. Di commozione ma anche di rabbia. Di moglie ferita e di cittadina italiana delusa. Gli hanno ammazzato il marito, 28 anni fa, nel bel mezzo della loro gioventù: una vita davanti, figli piccoli, tante cose da fare ancora insieme.

Lui aveva solo 32 anni. Anche lei era giovane. Entrambi belli. Felici. Pasquale Campanello, sovrintendente capo di polizia penitenziaria, stava facendo ritorno a casa dal carcere di Poggioreale, dove era addetto al padiglione di massima sicurezza “Venezia”, nel quale erano reclusi diversi affiliati alla camorra.

Era la sera dell’8 febbraio. A Torrette di Mercogliano, a casa, lo aspettavano, come ogni sera a fine turno, oltre Antonietta, i figli Silvia e Armando, entrambi molto piccoli. Sotto casa, un commando di quattro killer lo bersagliò con 15 colpi di arma da fuoco, di cui 4 alla testa, uccidendolo all’istante.

Un chiaro omicidio di camorra, una “punizione” verso un vero servitore dello Stato che, nel suo lavoro, si era dimostrato intransigente soprattutto verso i camorristi detenuti. Ma, nonostante le chiare evidenze, ancora oggi non si conoscono né i mandanti e nemmeno gli esecutori.

 

“Qualche anno fa – ricorda Antonietta – ho incontrato il ministro della Giustizia ma nemmeno lui è riuscito a riaprire il caso perché non ci sono novità di rilievo. Uno Stato degno di questo nome avrebbe dovuto fare di più. Ma spesso le istituzioni vacillano, anche a livello locale. Sono poco attente. Forse è anche un po’ colpa nostra, visto che si gira troppe volte la testa dall’altra parte. Quando lo Stato non fa il suo dovere, ci dobbiamo impegnare tutti per richiamarlo all’ordine. Nel periodo della pandemia, lo Stato ha infangato la memoria di Pasquale, di Borsellino, di Falcone, quando ha pensato di scarcerare i boss del 41 bis. Per il 41 bis Campanello è stato costretto a sacrificare la propria vita. Se uno Stato pensa di mandare a casa i boss, viene meno la giustizia”.

La memoria di Pasquale oggi, dopo 28 anni, sembra una cosa che interessa poche persone. Ma “Libera” non dimentica. Ragazzi fantastici che continuano a portare avanti quelle battaglia di libertà, legalità e giustizia nelle quali credeva Pasquale Campanello. Oggi pomeriggio, l’associazione presieduta da Emilia Novello, ha consegnato ad Antonietta un omaggio, un ricordo per Pasquale, un piccolo gesto dal grande significato.

Nelle mani di Antonietta, un dipinto realizzato da Maria Pia Oliviero. “Non volevo disegnare il classico ritratto – spiega – per questo ho pensato prima a lui ed ai suoi ideali. Ecco perché ho inciso la statua della giustizia. Pasquale era un uomo di giustizia, con un grande senso del dovere”.

“Non c’è giustizia senza un’attiva collaborazione tra le istituzioni”, sottolinea Emilia Noviello. “In questa città non siamo nemmeno ai livelli di indignazione, quell’indignazione che da sola non basta. Ad Avellino c’è un clima strano, una sorta di cappa clientelare”.