Fontanarosa – De Mita: ‘Ds o senza, mi candido lo stesso’

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Fontanarosa- “La prepotenza del tiranno ha trovato delle anime semplici”. Una frase forte che sintetizza in parte il pensiero del leader della Margherita, Ciriaco De Mita, oggi in un noto ristorante di Fontanarosa per fare chiarezza sulla vicenda che ha portato l’amministrazione comunale al Commissariamento. Sul patibolo, Giusto e il gruppo sparuto che continua a guardare la storia a ritroso. Quel “pezzetto” (D’Ambrosio & company) che “pensa di condizionarmi (il riferimento è chiaro: le prossime Politiche, ndr). Dico che i voti dei diessini locali non mi interessano. Comincerò proprio da Fontanarosa. Tra l’altro non so neanche se mi candido”. Frasi al vetriolo di un politico che conosce alla perfezione le dinamiche nazionali, regionali e locali. Il suo è lo sdegno nei confronti di chi si è reso artefice del Commissariamento. Dichiarazioni che partono da lontano -dalla storia di Fontanarosa, dal ’93 ad oggi- “quando ci si sforzò di ricomporre il centrosinistra …e alla fine siamo riusciti a creare il circolo unitario della Margherita. Questo ha turbato i sogni del signore (Giusto, ndr). In Giunta gli assessori c’erano: Giusto pretendeva di avere un suo rappresentante personale. Un assessore esterno, per riaffermare una sorta di dominio. Questo è fuori da ogni logica. Se l’avanzamento di un politico è questo, significa che ci troviamo di fronte all’arretramento della politica stessa. Se avessimo adottato lo stesso criterio nella composizione della Giunta provinciale, questa non si sarebbe fatta”. E poi il riferimento alla questione di Paternopoli, dove “i diessini, che sono pochi intimi, decidono di fare le Primarie da soli. E, verosimilmente, non viene indicato l’onorevole De Mita. Io non sono contrario alle Primarie. Se per le prossime Politiche le facessimo, non mi sottrarrei. Ma vedremo poi il risultato”. E ancora, le sferzate pungenti alla Quercia di Lioni. Nel suo lucido excursus non tralascia di attaccare il “consigliere fascista”, Franco D’Ercole, in merito alla sua proposta di commissariamento dell’Ato. “Se prevalesse la logica della legalità di questo cancelliere, la minoranza diventerebbe maggioranza…”. Un De Mita in perfetta forma che spazia con estrema chiarezza, come è nel suo stile, da una situazione all’altra. Dopo un’apparente digressione, ritorna in auge il tema “prepotenza diessina”. “Quando siamo maggioranza, siamo superbi. Quando non è così, gli altri ci impongono la loro logica. I rapporti tra la Margherita e il gruppo superstite della dirigenza comunista rischia di aver rotto qualsiasi tipo di comunicazione”. E ancora De Mita condanna la rappresentanza legata ad una sorta di rancore perchè questo porta alla ghettizzazione della stessa. Ben venga invece il dialogo ed il suggerimento purchè: “Questo non divenga condizione di dominio. Altrimenti le radici della democrazia non ci sarebbero più”. E ora di nuovo l’onorevole del Fiorellino fa riferimento alla questione palazzo Caracciolo. “Credo che si stia giocando una partita uguale alle scorse amministrative: noi avevamo un presidente di grandi qualità (Maselli, ndr). Lo abbiamo liquidato senza motivazioni. Ci è stato impedito di spiegare che il tutto dipendeva da condizioni di equilibrio”. Un attacco diretto, frontale anche nei confronti del presidente Alberta De Simone. “E’ cambiato solo il sesso. Non mi pare che ci sia un avanzamento”. E poi “ho la sensazione, che in testa ai vecchi comunisti, sia rimasta l’arroganza di essere i portatori della novità. Nella nostra provincia non ho mai ascoltato discussioni relative ai veri problemi del territorio, ma solo su assetti ed organigrammi”. Tanto “i collegi non si decidono ad Avellino. Si decidono con un accordo generale sul territorio. Non so cosa capiterà da noi. Se accadrà la stessa cosa dell’amministrazione provinciale, non rappresenterò più i superstiti, ma supporterò una dirigenza rinnovata”. Ancora “per avere una candidatura diessina alla Provincia, Fassino ha dovuto cedere il collegio all’Udeur”, non senza “pasticci”. “Credo – continua – che in questa comunità accordi tra Ds e Margherita non ce ne siano più. Non avendo argomenti, ci annunciano di voler fare la guerra. Se qualcuno vuol fare la guerra, sappia che non ha cannoni. Questo pezzetto (D’Ambrosio, Giusto, Aurisicchio, ndr) non si capisce con chi sta d’accordo… povero Flammia che è il bersaglio preferito”. Affondi dinanzi ad una platea gremita – tra gli altri c’erano Giuseppe Guglielmo, Vincenzo Sirignano, Giovanni Ianniciello, Giuseppe Di Milia, Giovanni Romano; al tavolo, Nicola Di Iorio, Luigi Anzalone, Giuseppe De Mita, Domenico Covotta, Giuseppe De Lisa e Fabio Di Blasi- che, nonostante tutto, sembrano lanciare lo spiraglio di “un potenziale dialogo. Ma non attraverso la guerriglia. La politica deve unificare…. noi siamo per la storia che continua ad andare avanti e non a ritroso”. Teresa Lombardo

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