Avellino – “Il progetto che ci è stato illustrato oggi per Bredamenarini e Irisbus va nella giusta direzione, ma aspettiamo di conoscere più nel dettaglio il piano industriale per valutarne le potenzialità sia per il rilancio degli stabilimenti di Bologna e di Valle Ufita sia per il mantenimento dei livelli occupazionali”. Lo dichiarano il segretario generale dell’Ugl Metalmeccanici, Maria Antonietta Vicaro, e il segretario nazionale dell’Ugl Metalmeccanici con delega a Finmeccanica, Adelmo Barbarossa, al termine dell’incontro di questa mattina al Mise, “… nel corso del quale – spiegano – ci sono state fornite ulteriori informazioni sui prossimi step che si dovranno compiere per la creazione di un nuovo polo autobus made in Italy e sul modo in cui i due stabilimenti, con i loro lavoratori, verranno coinvolti per la creazione di un brand completo che andrà a coprire tutta la gamma di trasporto su gomma”.
“Al momento – proseguono i sindacalisti – ci è sembrato un po’ più chiaro il piano che interesserà Bologna, perché ci è stato riferito che si sta programmando di destinare lo stabilimento di Bredamenarinibus, dove attualmente c’è un organico di 197 lavoratori, per la produzione di autobus urbani dagli 8 ai 18 metri con propulsione a gas e a gasolio, e per le lavorazioni finali dei pullman turistici di piccola e media dimensione, al momento prodotti per conto di King Long negli stabilimenti cinesi. Mentre per Flumeri, dove attualmente lo stabilimento è fermo e ci sono circa 300 lavoratori in cig, si è ventilata l’ipotesi di produrre mezzi più piccoli, come gli scuolabus e quelli destinati al trasporto disabili, che dovrebbero rispondere alla richiesta del mercato interno, pari a circa 850 unità all’anno, oltre alla realizzazione di modelli da 8 metri con motore posteriore, e al ‘revamping’ dei mezzi usati”.
“Negli incontri che seguiranno, in particolare per Irisbus l’appuntamento è per il prossimo 17 giugno al Mise, valuteremo con la massima attenzione le proposte per la nuova Industria Italiana Autobus, auspicando – concludono – che anche le istituzioni nazionali e locali facciano la loro parte, cominciando ad esempio a comprare mezzi prodotti in Italia, come da sempre sono abituati a fare i nostri competitors europei, con Francia e Germania in testa”.