Avellino – Il Girone ‘A’ salvo sorprese dovrebbe aver dato già la sua sentenza: con i risultati maturati tre posti sono già stati virtualmente assegnati a Olympiakos, Malaga e Cibona Zagabria. Il match contro il Maccabi diventa dunque uno spareggio a tutti gli effetti, in cui perdere significherebbe dire addio alle speranze di top16 mentre vincere con 8 o più punti di scarto permetterebbe ai lupi di mettere la freccia per il sorpasso e il conseguente passaggio del turno. Il Maccabi non è più la corazzata gialla di 5 anni fa ma il blasone, il fascino e la storia del club israeliano sono credenziali da non sottovalutare assolutamente. Non che i giocatori siano da meno: con uno come Arroyo in regia tutto diventa possibile e il solido contorno di nazionali e Usa garantisce comunque un roster di livello assoluto. Il problema dei gialli fino ad ora è stato il gioco a metà campo, lacunoso, poco spettacolare e decisamente inefficace. La cura per Tel Aviv ha sempre il solito nome, ovvero quello di Pini Gershon, il santone che portò il team (con i vari Parker, Jasikevicious e Vujcic) alla conquista del massimo trofeo continentale per ben due volte. “Di solito – dichiara con una punta di malizia il coach – il Maccabi con me era abituato ad essere già qualificato per le top16 in questo periodo dell’anno. Ora dobbiamo giocarci il passaggio del turno in trasferta, contro una squadra ostica con un roster di livello e decisamente ben allenata. Per noi non sarà una gara facile ma i problemi che il team ha incontrato in questi mesi ci obbligano ad un unico risultato”.
RITMO – Contro una compagine che gioca male a metà campo l’ideale ovviamente sarebbe quello di tenere il ritmo basso, con un punteggio contenuto e ridurre al minimo il numero dei possessi. Antonio Porta lo aveva preannunciato (“Contro Arroyo e compagni fondamentale evitare di farli correre”) e Gershon conferma i limiti dei suoi: “Preferiamo un ritmo alto, che ci permetta di esaltare le nostre doti offensive”. La verità è che il Maccabi a difesa schierata fa ancora molta fatica ed è questo il punto sul quale Avellino deve insistere.
BASKET&SERVIZI SEGRETI – Paradossale per certi versi l’ambiente in cui vive e si allena il Maccabi. Gli uomini del Mossad, i potentissimi e temutissimi servizi segreti israeliani, sorvegliano ogni singolo momento della giornata degli atleti in canotta gialla. Dall’albergo al campo di gioco è tutto costantemente blindato e monitorato. E ovviamente gli uomini in nero hanno fatto capolino in questi due giorni anche nei pressi del “Del Mauro”. Una precauzione che qualcuno potrebbe ritenere eccessiva ma che è assolutamente legittima se si pensa che questa non è una semplice squadra. “Il Maccabi è più di un club – dice infatti il cestista israeliano Tal Burstein, bandiera dei suoi – noi siamo l’orgoglio della nazione e il simbolo del suo successo, ogni nostra sconfitta viene percepita e amplificata”. Insomma, non sarà al servizio della Corona Britannica e non avrà (forse) la licenza di uccidere, ma in un certo senso anche James Bond guarda l’Eurolega.(gm)