Don Giuseppe Diana, parroco ucciso dalla camorra, rivive anche ad Avellino. Un seme di legalità al “Guido Dorso”

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Alfredo Picariello – Un “seme” piantato nella scuola, tra i ragazzi, pronto a dare i suoi buoni frutti. Questa mattina anche ad Avellino è stata ricordata la figura di Don Giuseppe Diana, il parroco anticamorra di Casal di Principe ucciso dalla criminalità organizzata il 19 marzo di 27 anni fa. Un omicidio spietato, all’interno della sacrestia della parrocchia, alle 7.20 di mattina, pochi attimi prima della Messa.

Tra le numerose iniziative – incontri online con gli studenti del Liceo Segrè di San Cipriano D’Aversa e tra esperti su temi rilevanti come i beni confiscati – anche quella organizzata dall’Istituto Tecnico Tecnologico “Guido Dorso” del capoluogo irpino, grazie all’impegno dei professori Marco Cillo, Alberico Mitrione, Giovanni Di Luise e Gemma Furcolo.

Un interessante dibattito on line, cui hanno partecipato anche gli studenti ed altri docenti – ponendo anche diverse domande – , ha vivacizzato la mattinata. Lo spessore, l’umanità, il coraggio di Don Diana, sono emersi nella loro interezza nell’intervento di Alessandra Tommasino, del “Comitato Don Peppe Diana”. Alessandra, che nel 1994 aveva 17 anni, ha ricordato la “grande rivolta di popolo, di gente” che l’omicidio innescò. Ed il grande lavoro del Comitato, nato il 25 aprile 2006, non solo in memoria del parroco ma di tutte le altre vittime innocenti di mafia.

L’impegno civile e civico a Casal di Principe è sfociato anche nella cooperativa sociale “Le terre di Don Peppe Diana” che oggi dà lavoro a circa una decisa di persone, la maggior parte di cui giovani che così evitano di emigrare. Coop che utilizza a scopo sociale e produttivo terreni, masserie ed allevamenti di bufalina confiscati alla camorra. E’, in sintesi, il coronamento del progetto “Mozzarella della Legalità”.

Ovviamente non sono mancate le difficoltà. Le reticenze, le connivenze, i silenzi. E l’indifferenza, quella stessa indifferenza che ha connotato, e forse ancora oggi, la provincia di Avellino, in particolare il Vallo di Lauro. Dove per decenni si è continuato ad ammazzare nel silenzio assordante delle istituzioni. Come ha ricordato il collega Giovanni Sperandeo, ex giornalista del Mattino di Avellino, da sempre impegnato in prima linea. La mattinata si è conclusa con la lettura di “Iolanda, madre di scout”, tratto dal libro “La bestia” di Raffaela Sardo, a cura di Nicola Mariconda di “VerniceFresca Teatro”.

Iolanda era la mamma di Don Peppe, una mamma che rievoca quel giorno di 27 anni fa quando il figlio, a soli 36 anni, fu ammazzato per mano della camorra. Un assassinio che ha contribuito ad “uccidere” la criminalità. Anche se la guardia deve restare sempre alta.