Di Giacomo (S.PP.), la “lezione” dell’evasione lampo e rocambolesca dal carcere di Avellino

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“L’evasione lampo e rocambolesca del detenuto tunisino dal carcere di Avellino, catturato
dopo poche ore in centro, non può passare alla cronaca solo per l’incredibile capacità
atletica dimostrata dal detenuto a scavalcare e superare, senza funi o altro, prima, le
recinzioni dell’area passeggio, e poi, il muro di cinta dell’istituto penitenziario. La fuga – che
fa seguito ad altri, in pochi mesi, tentativi dai cortili passeggio – è la più evidente punta
dell’iceberg che riguarda la situazione di questo carcere, sicuramente tra i più problematici
d’Italia, ma al tempo stesso diventato lo “specchio” di questa fase di totale sbandamento
che attraversa tutto il sistema penitenziario del Paese”. Così Aldo Di Giacomo, segretario
generale S.PP. che aggiunge “quella di Avellino è la foto, sicuramente a tinte più fosche,
dello Stato che nelle carceri ha ammainato bandiera bianca lasciando che a comandare
siano boss e capi clan, organizzazioni criminali che impongono la loro legge. I traffici di
droga, telefonini e di ogni bene primario sono assicurati da violenze e sopraffazioni contro i
detenuti più deboli, con gli agenti penitenziari in numero fortemente inadeguato e lasciati
da soli in una guerra che non gli appartiene. Chi sa – aggiunge Di Giacomo – se il
sottosegretario Delmastro che di visite nelle carceri ne fa quasi tutti i giorni e sicuramente
più di ogni dirigente di sindacato di polizia penitenziaria è a conoscenza di questo stato di
cose. Di certo continua a voltare lo sguardo dall’altra parte rispetto alle quotidiane
aggressioni agli agenti: in tre giorni, 4 a Lucca, 2 a Messina e altri 8 in istituti siciliani, una
dottoressa a Teramo. Il “caso Avellino” dimostra, piuttosto, come sia prioritario affrontare il
problema della sorveglianza rafforzando gli organici di polizia penitenziaria che risulterà
amplificato dal cosiddetto piano di edilizia carceraria: nei nuovi mini-carceri da costruire
attraverso prefabbricati con capienza di 40-50 posti a svolgere attività di servizio sono
sempre gli stessi agenti. Così in attesa che vada a regime il sistema di affidamento di
detenuti tossicodipendenti a strutture specifiche, a fine 2026 ci ritroveremo con almeno 70
mila detenuti a fronte degli attuali 64 mila che segnano già un sovraffollamento medio del
130 per cento con punte sino al 200 per cento. L’edilizia penitenziaria– dice ancora il
segretario del Sindacato di Polizia Penitenziaria –ha bisogno di un serio piano di interventi a
breve e medio termine soprattutto negli istituti che hanno oltre un secolo di vita oltre alla
priorità da dare alle assunzioni di nuovo personale penitenziario per garantire il rispetto del
regolamento carcerario “calpestato” dalle continue aggressioni e violenze agli agenti e di
assistenza psicologia e sanitaria e se realmente si vuole mettere fine ai suicidi di detenuti,
già 44 dall’inizio dell’anno”.