Dal numero 3 de “Il Biancoverde” del 6/09/2013
«Da ragazzo ho giocato a calcio. Oggi la mia passione la esercito davanti alla tv, guardando, quando posso, qualche incontro di calcio. Di sport ne pratico davvero poco».
Giuseppe De Mita non smentisce l’immaginario collettivo, i politici, complice l’attività istituzionale che ricoprono, preferiscono seguire lo sport dal divano di casa e sono rari i momenti in cui possono ritagliarsi un po’ di tempo libero per la tradizionale partita a calcetto con gli amici. Ma l’ex vicepresidente della Regione ha piena consapevolezza dell’importanza che riveste lo sport per una realtà come la nostra e per questo, nella speranza di poter partecipare il più possibile ai prossimi campionati agonistici, augura all’A.S. Avellino e la Sidigas Scandone, di vivere una stagione da protagoniste.
On. De Mita, la riconquista della serie B nel calcio ha riacceso in molti la speranza di correre per la serie A, fa parte anche lei di questo gruppo di tifosi?
«L’auspicio è comune, quello di poter vedere di nuovo l’Avellino nella massima serie. Poter accarezzare nuovamente quel sogno costituirebbe senza dubbio una iniezione di fiducia per tutta la nostra comunità, ma l’obiettivo della serie A deve essere centrato in tempi rapidi. Il risultato al quale tendere e che darebbe, a mio avviso, garanzia di successo è quello della programmazione che eviterebbe l’altalena di stagioni esaltanti e momenti di crisi come pure ci sono stati in questi ultimi anni».
Lo Sport soprattutto quando arriva a importanti livelli può essere una grande risorsa per il territorio, un biglietto da visita in grado di attrarre turisti provenienti da ogni angolo del paese, bisogna però costruire un progetto. Lei che ha ricoperto il ruolo di Assessore al Turismo che ne pensa?
«Senza dubbio avere una squadra di calcio che gioca ai massimi livelli rappresenta un tassello significativo anche dal punto di vista economico, per l’indotto che crea. Ospitare i grandi club del calcio italiano significherebbe avere un ritorno in termini di immagine, tornare a far parlare della città nel circuito dei media nazionali e, quindi, poter contare anche sull’innesco di meccanismi che abbiano un rilievo economico. Nella mia esperienza da assessore regionale ho compreso come l’Irpinia abbia le carte in regola per uno sviluppo turistico, ma, al di là degli investimenti materiali che pure sono necessari, è importante riuscire a costruire un immaginario legato all’Irpinia e il calcio può essere un tassello importante in questo senso».
Accanto a ciò, però, bisogna investire in un sistema infrastrutturale che ad oggi va migliorato e qualificato. Qualche suo collega ha proposto di creare una rete sinergica tra pubblico e privato per promuovere una politica dell’accoglienza legata al turismo sportivo, è d’accordo?
«L’infrastrutturazione di un territorio rappresenta uno strumento importante, ma solo se funzionale al disegno di sviluppo che ci si è posti come obiettivo. In ogni ambito, anche in quello turistico, la collaborazione tra pubblico e privato può essere il metodo che garantisca efficacia e porti a risultati significativi in termini di produttività. In Irpinia esistono numerose strutture che sono state riqualificate a fini turistici, ma che non sono mai entrate in una logica sistemica e produttiva proprio perché di proprietà pubblica. Creare le condizioni perché i privati possano investire e fare impresa rappresenta perciò, oggi, un obiettivo a cui chi amministra deve per forza di cose guardare».
Ha fatto discutere l’ordinanza “Stadio Sicuro” per combattere la violenza negli stadi, qualcuno l’ha giudicata una legge proibizionista. Crede che vada rivista?
«Lo sport deve fornire momenti di divertimento ed essere un’attività che amplifica il sano agonismo, la passione per i propri colori, l’entusiasmo dello stare insieme. Ogni provvedimento, quindi, che possa rafforzare la sicurezza di chi è fruitore di eventi sportivi credo che vada accolto con favore. Lo sport deve contribuire alla realizzazione di un progetto di vita e non essere considerato solo come evasione. In questo senso guardo con favore ad esperienze come quella che sta portando avanti Mario Dell’Anno, un progetto che coniuga passione per lo sport, attaccamento alle radici e partecipazione sociale e dove diventa possibile lavorare alla realizzazione di sé anche grazie e attraverso lo sport».
(di Rosa Iandiorio)