Il concetto socratico del ‘saper di non sapere’; mettersi in discussione senza cancellare la propria storia; ristabilire un sistema di democrazia rappresentativa per captare le istanze del popolo. La politica, nelle parole dell’on. Ciriaco De Mita, rifugge al concetto di potere e acquista accezioni umane e per alcuni aspetti dottrinarie. Diventa mezzo e non più scopo. Al Viva Hotel il leader di Nusco, al tavolo con Giuseppe De Mita, Giuseppe Di Milia, Pietro Foglia e Giuseppe Solimine (assente giustificato Nicola Di Iorio), ha ‘ricevuto’ il plauso della platea anticipando la…storia che formalmente nascerà il prossimo giovedì a Napoli sotto il nome di Unione di Centro. La città partenopea vedrà l’avvio di un disegno difficile su ‘un pezzo di territorio’ perché non si tratta di un fenomeno esclusivamente campano. (“Le anime si salvano ovunque, così come la politica è dovunque”).
L’intenzione, così come meticolosamente illustrata, è quella di creare una forza radicata e, per raggiungere lo scopo, conditio sine qua non è l’apertura di un dialogo con chi ha opinioni diverse. E soprattutto con chi è cosciente di ciò di cui sta parlando. “Il dialogo – ha spiegato De Mita – è la premessa indispensabile affinché questo avvenga. Non voglio dare lezioni ma voglio aiutare gli stupidi a capire. Ne parlano ma non sanno neanche cosa dicono (Pd, ndr)”. De Mita insomma non si smentisce e continua il suo ragionamento.
Altro fattore fondamentale è l’inquadramento: non si tratta di dar vita “ad un pezzo di una delle due coalizioni” ma di un’iniziativa indirizzata a far saltare un sistema “finto”, perché “… prima lo si modifica meglio è. Ci muoviamo per recuperare l’analisi politica non estranea ai problemi delle persone e che ipotizzi l’uscita dalla crisi del sistema in cui siamo caduti. La politica va vista come diagnosi dei sintomi che si percepiscono”.
Una storia aperta, dunque, “a tutti coloro che hanno voglia di concorrere alla creazione di questo disegno”. Ma c’è una condizione: “non garantiamo niente in cambio di chi viene”. “La selezione della classe dirigente da noi verrà fatta per capacità e impegno e per volontà dei cittadini. Le Primarie invece vanno bene quando si ha un leader che non capisce”.
De Mita non si nasconde e parla apertamente di un progetto difficile di cui, a livello di riflessione, è fermamente convinto pur avvertendo con grande lucidità la difficoltà di partenza. “Dobbiamo superare questo attrito e diventare soggetto di riferimento delle attese e delle speranze”.
Poi un excursus soprattutto sui cambiamenti della società e sul modo della politica di creare un approccio con la società civile. “Quando ho iniziato a fare politica rispetto a chi mi poneva un problema particolare pensavo a come l’organizzazione della politica dovesse rispondere al problema del singolo e a quello della collettività”. Una diagnosi che a detta di De Mita non rientra tra le consuetudini della sinistra che “è estranea ai problemi della comunità, arriva fuori tempo e non intercetta i bisogni. Se c’è qualcosa che non mi convince non la giudico, ma mi chiedo il motivo . Così come non giudico chi, all’interno di una storia, si muove per evolverla. Nella mia vita non ho mai pensato di stare davanti agli altri ma ho sempre pensato di non essere dietro gli altri. Prima del passaggio elettorale tutti i protagonisti politici si sono detti ‘per 15 anni abbiamo sbagliato’. Anche dopo aver fatto una cosa, riflettendo, si pensa che si sarebbe potuto agire meglio. Si scopre di poter far meglio solo dopo aver agito. Se si agisse ottimamente in tempo utile molti problemi sarebbero eliminati ma se ne creerebbero altri. Finora ci si è messi insieme per vincere, il potere era condizione di dominio. Così il dominio è diventato sempre più estraneo alle questioni. Ma gli avvenimenti politici hanno aiutato le persone ad avere consapevolezza dei propri diritti. Il problema vero è come i nuovi diritti debbano essere garantiti dalla politica. Dobbiamo risolvere questo problema affidando alla politica la tutela del diritto. (Di Pietro: a parte la rozzezza lì il problema non è nel linguaggio, è proprio nel pensiero)”. Sarebbe così “la cattiva cultura della sinistra ad alimentare il centrodestra. Sono partiti dalla presunzione di essere il partito maggioritario e così hanno creato la vera devastazione del pensiero politico.
Abbiamo dato vita ad una ipotesi bipartitica perché le coalizioni non funzionano. La personalizzazione della politica è la vera ragione della crisi della democrazia .
Quella che garantisce maggiormente il cittadino è la democrazia rappresentativa perché tutela tutti in maniera diversa a seconda della gradualità del bisogno.
Invece abbiamo dato vita a due strutture molto rigide. L’idea sottesa all’ipotesi di risolvere i problemi attraverso due partiti non va perché il partito è uno solo.
Oggi siamo in presenza di un partito che si rafforza, il centrodestra continua a conquistare consensi”. Un quadro che testimonia come le basi di riferimento del consenso siano cambiate. Un’evoluzione che “determinerà un vero sconvolgimento alle prossime provinciali”.
Ma un dato sembra chiaro: con il Partito Democratico la storia è chiusa . “Qui il rapporto con la dirigenza del Pd è impossibile per l’inadeguatezza della stessa dirigenza.
Perché dovrei tendere io la mano ad Adiglietti per liberarsi di quelli che ostacolano il dibattito politico”.
Su De Simone: “Come si fa a dialogare con una imbrogliona?… Stia serena, noi il dialogo con lei non lo vogliamo”.
E a De Luca (“non ha più titolo se non quello di senatore”): “Ha votato in parlamento il decreto per la realizzazione della discarica in Irpinia e poi viene a pubblicizzare la tutela del territorio. Non esprimo giudizi ma racconto fatti. Si può anche votare in modo non conforme alla maggioranza.
Se vivessimo una condizione in cui la competizione fosse foriera di risultati…”.
Pionati parla di liste separate…
“Noi faremo parte di un processo. L’obiettivo è aggregare esperienze diverse intorno ad un disegno comune. Lavorare per unificare le contraddizioni”.
Il Pdl la corteggia?
“Sono corteggiato da tutti ma alla mia età è tutto indifferente.
In fin dei conti il Pdl c’è, l’altro partito non c’è. Vogliono recuperare la storia e la cancellano. Parlano di rinnovamento e sono sempre gli stessi…”.
Sull’amministrazione comunale di Avellino…
“Perché Avellino ha ancora un’amministrazione?”. (di Manuela Di Pietro)
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