Renato Spiniello – L’emergenza coronavirus sta mettendo sotto stress il Paese, e l’istruzione ne è al centro. Il Dpcm, firmato ieri sera dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, oltre ad allargare l’area protetta dalla Lombardia e le 14 province all’intero territorio nazionale, prevede la proroga della sospensione dell’attività didattica in scuole e università di tutta Italia fino al 3 aprile. Tanti, troppi giorni che difficilmente verranno recuperati dai nostri studenti. Un aiuto per ovviare a questa mancanza può venire dalle lezioni a distanza: ecco cosa ne pensa a riguardo il docente avellinese Leonardo Festa.
Professor Leonardo Festa, come sta reagendo il mondo della scuola al provvedimento di chiusura fino al 3 aprile?
La sospensione delle attività didattiche è un problema non di poco conto e senza precedenti per la scuola italiana: difficilmente tante giornate saranno recuperate, i docenti sono tenuti a riprogrammare le loro attività, per non parlare poi degli studenti che a breve dovranno sostenere l’esame di Stato. Ogni docente è chiamato a mostrare di esser parte di una comunità educante che non deroga al patto formativo: anche nei momenti di crisi, bisogna agire con senso di responsabilità e di cura verso gli studenti.
Una soluzione per far continuare l’apprendimento ai nostri studenti è la didattica a distanza, d’altronde l’uso del digitale all’interno delle scuole non è certo una novità…
Ricorrere al digitale e all’educazione online ci dimostra come anche una crisi possa trasformare un problema in opportunità. L’utilizzo delle TIC (tecnologie dell’informazione e della comunicazione, ndr) non è una novità di questi giorni: oltre alle lavagne di ardesia, nelle aule si usano le lim. Il Piano Nazionale Scuola digitale del 2015 ha istituto la figura dell’animatore digitale, inoltre Mlol scuola fornisce a tutte le biblioteche scolastiche italiane il servizio di digital leanding. La scuola delle competenze e dell’inclusione ha integrato questi strumenti all’interno di un modello didattico nuovo: siamo passati da una scuola trasmissiva, a una che mette al centro l’alunno, lo rende protagonista, stimolandone il senso critico e la motivazione attraverso metodologie innovative come la classe capovolta, il debate, il learning by doing. La scuola è un presidio di civiltà, un hub tra le generazioni, tra esperienza e conoscenza, in cui non ci si limita a spiegare e assegnare compiti, ma si propongono attività significative sul piano cognitivo, senza dimenticare mai l’importanza di soft skills come l’empatia e le capacità relazionali. Per queste ragioni, sarebbe da ingenui pensare che l’educazione online possa sostituirsi completamente a quella in aula, o che il digitale sia un modo diverso per fare esattamente quello che si faceva prima.
Concretamente, come stanno operando i suoi colleghi in questo periodo? Può fornirci qualche esempio?
In questi giorni, molti docenti si stanno rimboccando le maniche per continuare a dare un ritmo educativo ai propri studenti. C’è chi fa distance learning in modo sincrono, organizzando delle videolezioni su Skype o Google Hangouts, chi predilige un approccio diacronico e condivide materiali su Google Classroom, carica compiti su Drive, suggerisce moduli di We School; c’è chi ha aperto un canale youtube su cui carica screencast e tutorial; c’è chi opta per una forma mista, alternando varie strategie didattiche.
Gli istituti, invece, come si stanno attrezzando a riguardo?
Molte scuole si stanno accreditando su piattaforme come Google Suite for Education, Office 365 Education A1, Treccani Scuola. Sul sito del Miur è stata creata una sezione dedicata alla didattica a distanza, con il racconto di esperienze, i riferimenti di piattaforme e materiali multimediali e approfondimenti e recapiti per ricevere assistenza. La piattaforma Argo poi ha inserito una nuova sezione per facilitare la condivisione di materiale tra docenti e studenti.
Quali sono le maggiori criticità emerse finora?
Molti docenti hanno accettato con determinazione la sfida di questo stato d’eccezione. Del resto, un docente, magari giovane, che normalmente comunica inviando messaggi vocali su WhatsApp, non deve confrontarsi con personali reticenze prima di realizzare un podcast. Sarebbe però un errore pensare che chiunque possa diventare un genio del digitale in due giorni. C’è poi la questione del digital divide: non tutti gli studenti possiedono un pc e un collegamento wifi, le dotazioni di rete non sono le stesse per tutti gli utenti e i collegamenti saltano. La didattica a distanza non si può improvvisare: manca un’app del Miur dedicata e c’è ancora una forte carenza di formazione nella scuola italiana.
Crede che, a emergenza conclusa, si possa puntare ancora sull’innovazione?
Sarà il futuro a dirci se questo periodo di emergenza didattica ci avrà insegnato a superare la naturale soglia di resistenza all’innovazione. Questi strumenti devono essere pensati come un’opportunità da poter utilizzare anche in condizioni di normalità.
Grazie professore.
A lei.