Concorso Scuola PNRR 3: oltre 3mila posti in Campania, ma i sindacati sollevano dubbi sulla gestione delle graduatorie

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Laura Perrone – 58.135 i posti messi a bando in tutta Italia dal Ministero dell’Istruzione e del Merito, nell’ambito del terzo e ultimo concorso docenti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR); nel suddetto scenario, la Campania ricopre un ruolo di primo piano: le tabelle ufficiali evidenziano che i posti disponibili nella regione, tra scuola dell’infanzia, primaria, secondaria di primo e secondo grado, siano oltre 3.000. Si tratta dunque di una misura destinata a rispondere all’esigenza di dare stabilità ad un sistema che, soprattutto nel Mezzogiorno, ha pagato negli ultimi anni un alto prezzo in termini di precarietà. Le domande possono essere presentate dal 10 al 29 ottobre 2025 ma la sfida concreta sarà rispettare l’accordo con la Commissione Europea, dunque la scadenza imposta da Bruxelles: graduatorie pronte entro il 30 giugno 2026, con un totale di 70.000 docenti assunti.

Chi può partecipare

Infanzia e primaria: laurea in Scienze della Formazione Primaria o diploma magistrale conseguito entro il 2001/2002

Medie e superiori: laurea + abilitazione (60 CFU in ambito psicopedagogico e didattico)

Eccezioni: precari con almeno 3 anni di servizio negli ultimi 5 anni, di cui uno sulla classe di concorso

Come si svolge il concorso

⁠Prova scritta: 50 quesiti a risposta multipla in 100 minuti, su pedagogia, lingua inglese, informatica, area psicopedagogica, metodologico-didattica, inclusione e sulle competenze disciplinari specifiche della classe di concorso;

Prova orale: simulazione di una lezione e verifica delle competenze disciplinari;

Valutazione titoli: fino a 50 punti aggiuntivi.

PNRR 3 e perplessità sindacali

Per i docenti di tutta Italia e, in particolare, d’Irpinia, questo concorso rappresenta una delle ultime finestre per entrare di ruolo grazie ai fondi europei. Tuttavia, mentre si annunciano nuove selezioni per l’immissione in ruolo, migliaia di insegnanti già risultati idonei nei concorsi precedenti attendono da anni una stabilizzazione che tarda ad arrivare. Il MEF ha chiarito che i numeri relativi all’ultima tornata di assunzioni sono stati calcolati tenendo conto di un criterio ulteriore rispetto ai precedenti concorsi, ossia dei pensionamenti attesi fino al 2028, al fine di garantire un ricambio graduale e sostenibile e di arginare squilibri negli organici, con una pianificazione più efficiente. Secondo gli ultimi dati diffusi dalla CISL, tuttavia, le assunzioni nella PA procedono a rilento. A fronte delle 48.500 posizioni autorizzate dal Ministero dell’Economia e delle Finanze lo scorso luglio, ne sono state effettuate finora poco meno di 30 mila. Un numero che evidenzia un significativo scarto rispetto alle previsioni iniziali. A queste si dovrebbero aggiungere, entro la fine dell’anno, circa 4 mila nuove assunzioni provenienti dalle graduatorie tardive del cosiddetto «Pnrr 2»

Da qui trovano ragion d’essere le forti perplessità dei sindacati di categoria – in particolare FLC CGIL, CISL Scuola e UIL Scuola – relativamente all’indizione di nuove procedure concorsuali (PNRR 3) in pendenza di graduatorie ancora vigenti di vincitori, frutto di prove selettive nondimeno complesse. Ne consegue il paradosso: si moltiplicano le selezioni mentre le graduatorie precedenti restano in sospeso, costringendo molti insegnanti a partecipare nuovamente a concorsi incerti, senza conoscere l’esito del percorso già affrontato. Questo meccanismo genera disorientamento, frustrazione e precarietà ulteriore, alimentando un clima di instabilità che si riflette negativamente sull’intero sistema scolastico e, di conseguenza, sulla qualità della didattica. E le scuole non hanno bisogno di questo. Le scuole hanno bisogno di continuità, così come gli studenti hanno bisogno di riferimenti stabili. E tale continuità altro non sarebbe che il risultato di un sistema scolastico solido, con una “vision educativa” a lungo termine, tale da porre fine al turnover forzato e all’oblio istituzionale a cui i “professionisti dell’educazione” sono, ad oggi e perlopiù, costretti.