Clan Partenio, Pagano racconta: con Galdieri parlavamo di cavalli e pali, non di armi

0
17311

AVELLINO- Niente armi, parlavamo di cavalli e della staccionata da realizzare per costruire un maneggio in una mia proprieta’. Cosi’ Pagano Beniamino collegato dal carcere di Caltanisetta, teste della difesa di Galdieri Pasquale ascoltato come imputato in procedimento connesso (quello per le aste ndr) ha spiegato ai giudici una delle intercettazioni chiave per la contestazione di armi alla presunta organizzazione a processo davanti al Tribunale Collegiale di Avellino presieduto dal giudice Gianpiero Scarlato. Pagano ha subito chiarito di voler essere sottoposto all’esame: “Voglio rispondere ero già testimone da libero”. Il presunto elemento di primo piano del Nuovo Clan Partenio, che non era però stato coinvolto nel blitz del 14 ottobre 2019, e’ stato ascoltato dalla difesa del presunto capo del Nuovo Clan Partenio su una circostanza specifica. Ovvero su un’intercettazione ambientale dei Carabinieri del Nucleo Investigativo di Avellino datata 26 ottobre 2018 all’internl dell’abitazione di Pasquale Galdieri. “Ha avuto modo di parlare con Galdieri Pasquale?” chiese al teste in videoconferenza l’avvocato Leopoldo Perone. “Si , ho parlato a casa sua” conferma Pagano Beniamino. E chiarisce anche che: “avevo un terreno di proprietà in località Foresta di Mercogliano
Questo terreno era oggetto di divisione

In famiglia si discuteva di dividerlo i primogeniti. Sarebbe stato bello portarci i cavalli. Ho la passione dei cavalli sin da bambino, la passione per i cavalli me l ha trasmesso Pasquale”. La passione pee cavalli e per i cani. La difesa chiede cosa voglia dire carabella. E Pagano ha spiegato che “Sono una razza di cavalli americana, stavo in trattativa per alcuni cavalli, tra cui anche alcuni di razza piccola denominato carabella. Una precisazione. Nel 2008 mi hanno sequestrato i cavalli di razza spagnola tra cui anche i cavalli carabella. Avevo organizzato un maneggio e facevamo insieme ai ragazzi di una cooperativa anche ippoterapia.

Ci furono sequestrati mini carabella che non erano dopati come ci accusavano”. Il terreno che avrebbe dovuto ospitare i cavalli di cui parlavano Galdieri e Pagano nella conversazione aveva anche una parte non recintata, cosi’ il riferimento a 380, per gli inquirenti sempre armi, secondo Pagano non era altro che alla lunghezza dei pali. Lo ha chiarito spiegando cosa significasse quel riferimento al numero:

“Un unità di misura anticamente usata per delimitare i confini- spiega Pagano- Visto che in genere si usavano gli alberi o con pezzi di pietra. In questo caso 380 sarebbe la distanza di tre metri e ottanta. Ho avuto anche vari vigneti, vanno da uno e ottanta a uno e dieci..ho la passione per I boschi fin dall’età di dodici anni, mi sono specializzato in abbattimento controllato, lo sanno tutti che porto il trattore da quando ero ragazzino. Ho un furgone superaccessoriato a partire dalla produzione dell’energia e attrezzi di ogni taglia. Una vera e propria officina mobile con tutti gli attrezzi dentro”. Perche’ chiamava Pasquale Galdieri “compare” e quale spiegazione arriva al loro stretto rapporto: “Per una questione di regola di vita sia io che tutti i miei familiari chiamavamo Pasquale “compare” perché era il padrino di battesimo del mio primogenito”. Una disamina dei maggiori punti contestati allo stesso Galdieri e Pagano rispetto alla conversazione captata nell’ottobre 2018 all’interno dell’abitazione del primo. A partire dal riferimento alla “parabellum”, per gli inquirenti un chiaro rimando ad una pistola. Pagano invece ha spiegato che anche in questo caso si riferisse ai cavalli.

Non so parlare latino e nostro dialetto, faccio un parabella, in dialetto significa tutta un’altra cosa. Quando stavo lavorando nel deposito sono venuti i Carabinieri , che lo sanno bene che hanno fatto indagini e possedevo cavalli”. Lei ha mai avuto un winchester? Ha chiesto a Pagano il difensore di Pasquale Galdieri, Leopoldo Perone: “Non ho mai avuto disponibilità di armi. E’ un orologio come si vedono nei film western , noi siamo fissati con i cavalli. E quando partiamo per la transumanza, andiamo anche con mantelli e borsoni con ogni tipo di attrezzatura. Anche se il cavallo perde un ferro per strada. Purtroppo se parlo in italiano o in dialetto i Carabinieri vanno sempre in quella direzione”

Stessa spiegazione quando si e’ trattato di spiegare a cosa si riferisse quando parlava di “a tamburo”. Anche in questo caso secondo gli investigatori il riferimento era ad un’arma. Per Pagano invece la chiave di lettura e’ diametralmente opposta: “Posso essere molto dettagliato. Siccome siamo a livello di mestiere, in questo discorso abbiamo pensato alla transizione ecologica molto prima, insomma ci ero arrivato già anni addietro. Insieme a mio cugino Nicola avevamo pensato ad una cippatrice a tamburo. Nella nostra zona non si può accendere il fuoco nei terreni (la bruciatura dei residui vegetali ndr). Avevo fittato un’ isola verde dove le persone che lavoravano nel privato e così lo portavano a me e io a seconda della qualità lo vendevo come biomassa. Per fortuna non ho parlato di calibratura , signor presidente. In buona sostanza la materia rasformata in segatura, direttamente venduta come biomassa”.

Martedì 18 aprile alle ore 15 ci sarà la prossima udienza, nella quale il collegio decidera’ anche se accogliere o meno, dopo il contraddittorio delle parti, la richiesta della Dda di Napoli di riconoscere che una decina di testi sono stati “subornati” e hanno cambiato le loro dichiarazioni precedentemente rese agli investigatori. In questo caso non solo ai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Avellino ma per alcune vicende di usura anche alla Questura di Avellino