VALLE CAUDINA – “Vedete cosa dovete fare, dobbiamo fare questo servizio, senno’ ci pigliamo collera, non mi prendete per fesso”. Cosi’ avrebbbe detto al telefono con la sua “vittima” il settantenne Gerardo Marino, cognato del defunto capoclan Gennaro Pagnozzi, invitando in tal modo un imprenditore a saldare la rata mensile per un prestito di 10 mila euro contratto nel 2018 per cui avrebbe dovuto versare 600 euro ogni 15 del mese. Fatti accertati dalle intercettazioni avviate nel febbraio- marzo del 2021. Marino si è sempre giustificato parlando di lavori da eseguire per pitturazioni. Ma i Carabinieri del Nucleo Investigativo di Avellino e la Direzione Distrettuale Antimafia hanno scoperto che era solo un espediente per camuffare una vera e propria attività di usura. Questa mattina per Gerardo Marino, classe 73, suo nipote Paolo Pagnozzi, considerato dalla Dda di Napoli il “reggente” del clan attivo tra Valle Caudina e Beneventano e per Clemente Caliendo, altro elemento di spicco del clan, sono scattate le manette. Tutti e tre sono stati raggiunti da una misura cautelare, quella chiesta dal Procuratore (facente funzioni) Sergio Ferrigno e dal pm antimafia Francesco Raffaele (che presto sarà il nuovo Procuratore Aggiunto di Avellino) e firmata dal Gip del Tribunale di Napoli Anna Tirone. Per Gerardo Marino e’ stata applicata la misura cautelare in carcere, arresti domiciliari con braccialetto elettronico per gli altri due indagati. La vicenda usuraia scoperta grazie alle indagini avviate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli dopo i fatti di sangue avvenuti in Valle Caudina tra il 2020 e il 2022.
LE INDAGINI
L’operazione dei Carabinieri del Nucleo Investigativo di Avellino e’ una delle attività nata dalle captazioni disposte dall’Antimafia dopo l’omicidio avvenuto nel settembre del 2020 di De Paola Orazio. Nella rete dei soggetti sotto intercettazione era finito anche Marino, cognato del boss, scarcerato da poco tempo e a quanto pare tornato subito ad imporre le attività usurarie. Le indagini dei militari coordinati dall’Antimafia hanno portato a scoprire la vicenda che è stata poi confermata dalla vittima e da un suo collaboratore. Numerose le attività di intercettazioni ambientali e telefoniche eseguite dai militari dell’Arma per ricostruire gli scenari criminali dopo gli omicidi
IL SEQUESTRO
Nell’ambito delle indagini i militari dell’Arma, nel luglio del 2021 hanno anche eseguito un sequestro ai danni di Marino Gerardo subito dopo un incontro a Maddaloni dove un collaboratore dell’imprenditore vittima dell’usura gli aveva consegnato il rateo mensile. Nelle tasche dei pantaloni aveva infatti una somma di seicento euro. Paolo Pagnozzi e Clemente Caliendo avevano avuto un ruolo nella vicenda in particolare il primo proprio dopo la perquizione avvenuta nel luglio 2021, avendo contatti per comprendere l’accaduto e soprattutto anche intervenendo per la difesa di Marino. Secondo l’Antimafia sarebbe lui il terminale finale delle somme provento dell’attività usuraria. Si tratta di uno dei vari riscontri eseguiti dai militari dell’Arma, insieme alle dichiarazioni della vittima e ad un quaderno dove veniva annotato da uno dei collaboratori dell’imprenditore ogni pagamento mensile ceduto sia a Marino che in qualche caso allo stesso Caliendo. Ora si attendono gli interrogatori di garanzia degli indagati davanti al Gip Tirone.