Piombo e minacce di morte: così agiva il clan Graziano

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di Andrea Fantucchio e Luciano Trapanese 

Nel Vallo di Lauro tutto era pronto per una nuova stagione di sangue e piombo. Attentati, minacce di morte, estorsioni. Anche la drammatica ripresa della faida, con un possibile agguato che avrebbe dovuto uccidere la moglie e il figlio del boss Biagio Cava, Rosalba Fusco e Salvatore Cava.

Questa mattina all’alba cinque arresti. Eseguiti dai carabinieri su disposizione della direzione distrettuale antimafia. Cinque ordinanze di custodia cautelare firmate dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Napoli, Leda Rossetti. In manette sono finiti Fiore e Salvatore Graziano, Desiderio Domenico, Antonio Mazzocchi e Domenico Ludovico Rega. Alcuni di loro sono considerati componenti del nuovo gruppo di fuoco del clan Graziano. Devono rispondere, a vario titolo, di una serie di estorsioni e attentati intimidatori, porto e detenzione di arma, associazione a delinquere. Tutti reati aggravati dal metodo mafioso. Proprio perché avrebbero agevolato il clan Graziano.

Le indagini dell’antimafia

Nelle indagini dell’antimafia, che vanno avanti da più di un anno, è emerso un quadro molto preoccupante. Gli accertamenti sono stati affidati ai carabinieri del nucleo investigativo di Avellino, guidati dal capitano Quintino Russo, sotto la supervisione del comando provinciale, al comando del colonnello Massimo Cagnazzo. I Graziano, approfittando dell’assenza sul territorio dei Cava (molti dei capi sono in cella, il boss Biagio Cava è morto lo scorso anno per un tumore al cervello), hanno tentato di riprendere il controllo dell’area. La situazione è mutata nel maggio scorso, dopo la scarcerazione di Salvatore Cava.

La situazione è diventata incandescente. Le ordinanze sono state emesse con rapidità anche per evitare si portasse a termine qualche omicidio. Nell’inchiesta si fa riferimento a diverse estorsioni (alcune solo tentate). Le vittime sono imprenditori impegnati a realizzare opere nella zona del Vallo Lauro.

Minacce agli imprenditori

L’obiettivo degli affiliati del clan Graziano era uno: ribadire il controllo del territorio. Proprio come si legge in numerosi passi dell’ordinanza.

Il primo episodio riguarda il tentativo di estorsione nei confronti di una impresa che stava realizzando lavori a Domicella, in via Cimitero. I criminali, col volto coperto, hanno intimato a un operaio: “Dici al tuo masto (capo) che prepara 100mila euro.

Qualche giorno dopo a scopo intimidatorio sono stati esplosi dodici colpi di fucile calibro dodici di fronte all’impianto di cremazione di Domicella. Poi ancora minacce agli operai. Minacce di morte, per intenderci. Era il sedici febbraio dello scorso anno. Quella estorsione non è andata a buon fine.

Nello stesso periodo, il gruppo di fuoco ha avvicinato il titolare di una azienda edile di Moschiano per ribadire che lì lavoravano solo le loro ditte.