Centenaria trova un vecchio Bot ma Bankitalia le nega il rimborso di 150mila euro. Cosa fare in questi casi?

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Era il 1939 quando Gilberto Mazzi cantava “Mille lire al mese” e quell’anno Marcella Ferrari, oggi centenaria, partecipava alla prima edizione di Miss Italia, concorso che all’epoca si chiamava “Cinquecento lire per un sorriso”. Marcella, allora ventenne, arrivò terza, prima la quattordicenne Isabella Verney.

Ottant’anni dopo, la signora Marcella, che oggi vive a Salerno, e sua nipote Veronica, scartabellando tra i ricordi di una vita, trovano un vecchio titolo di Stato degli anni Cinquanta del valore nominale di 20mila lira. 

Il Bot, del quale nonna Marcella non ricordava nulla, è stato fatto stimare da un consulente contabile che, tra interessi, capitalizzazione e rivalutazione, ha calcolato un valore odierno di circa 150 mila euro. Una gran bella cifra che tuttavia la Banca d’Italia si è rifiutata di erogare sostenendo che il titolo sarebbe prescritto.

Nonna Marcella non si è assolutamente scoraggiata e ha deciso, con il patrocinio delle avvocatesse Valentina Biagioli ed Ilaria Napolitano del Foro di Roma, di trascinare la Banca d’Italia ed il M.E.F. davanti al Tribunale civile di Roma.

In Italia, infatti, ci sono circa 10 milioni di Titoli di Credito “Antichi” (tra buoni postali, libretti bancari, Bot, ecc. non riscossi ed ancora riscuotibili) e, purtroppo, c’è molta disinformazione anche da parte degli Enti preposti al pagamento. Ma è davvero possibile riscuotere questi soldi? A questa e ad altre domande, ha risposto il dottor Luigino Ingrosso, dello studio legale che ha in mano la pratica di nonna Marcella.

E’ possibile ottenere il rimborso di titoli “antichi” quali libretti di risparmio, buoni e titoli di stato in genere?
Sì, è possibile, per il titolare o per i suoi eredi, richiedere il rimborso, maggiorato degli interessi oltre alla rivalutazione monetaria, a condizione che non sia decorso il termine prescrizionale di 10 anni. Tale termine decorre non necessariamente dalla data di emissione del titolo ma da quando il soggetto titolare è in grado di far valere il proprio diritto. In particolare, anche se il titolo è stato emesso oltre 10 anni fa, ma il soggetto interessato lo ha “ritrovato” solo recentemente (ovvero negli ultimi 10 anni) può agire per il rimborso dello stesso e la prescrizione inizierà a decorrere dal momento del ritrovamento.

Quanto può valere attualmente un titolo “antico”?
E’ questa una domanda alla quale non è possibile dare una risposta univoca senza l’ausilio di un consulente contabile esperto che proceda alla valutazione del singolo titolo in relazione all’anno di emissione, al tasso previsto per quel tipo di titolo, al succedersi delle leggi nel tempo, ai periodi di valutazione e svalutazione monetaria, all’introduzione della moneta unica europea ed ad altrettanti ulteriori coefficienti. In linea di principio, si può avere un’indicazione di massima del valore attuale del proprio titolo considerando il potere di acquisto che aveva la lira all’epoca di emissione del predetto titolo. In altri termini, sempre in linea generale, il titolare o l’erede avrebbe diritto ad ottenere oggi l’equivalente di quella somma di denaro, tradotta in euro, che all’epoca di emissione del titolo gli avrebbe consentito l’acquisto di un determinato bene. Per esempio, se negli anni 40 con 1.000 lire si acquistava fondo agricolo, oggi con la somma rivalutata e ricapitalizzata si avrebbe diritto ad ottenere una somma di denaro in euro che consenta l’acquisto di un terreno dello stesso tipo.

Se per uno o più titoli risultano più eredi o contitolari devono tutti partecipare alla richiesta di rimborso?
No, è sufficiente la partecipazione anche di un solo coerede o contitolare che riscuoterà l’intera somma salvo poi eventualmente conguagliare gli altri eredi o titolari.

Come si dimostra che il titolo è stato ritrovato negli ultimi 10 anni?
Nei moduli informativi che invia l’Associazione viene specificato di indicare una persona (anche un familiare) che sia a conoscenza del luogo e del periodo del ritrovamento del titolo. Tale nominativo, unitamente alla circostanza di tempo e di luogo del ritrovamento, dovrà essere indicata per iscritto all’Associazione attraverso apposita dichiarazione da allegare alla documentazione richiesta.

E’ vero che i vecchi buoni fruttiferi postali devono essere riscossi entro 30 anni?
I vecchi buoni fruttiferi postali avevano scadenza trentennale. Questo vuol dire che allo scadere dei 30 anni il titolare aveva 10 anni di tempo (tempo ordinario di prescrizione) per chiederne il pagamento. Naturalmente, questo discorso, in relazione alla decorrenza dei 10 anni per chiedere il rimborso è diverso se il soggetto erede del titolare o il titolare stesso non era a conoscenza dell’esistenza del titolo. In tal caso, come già detto, la prescrizione inizia a decorrere dal ritrovamento del titolo stesso. Un esempio vale a chiarire la questione: negli anni tra il 1940 ed il 1980 era tradizione da parte dei parenti sottoscrivere in favore di minori (in occasione di nascite, battesimi o altre ricorrenze) buoni postali in favore dei minori stessi i quali, naturalemente, non potevano essere a conoscenza di tali fatti. In molti casi, tali titoli sono stati ritrovati dopo decenni, fortuitamente ma anche se decorso il periodo di scadenza trenetennale può esserne richiesto il rimborso entro 10 anni dalla “scoperta” del titolo stesso.

Per quali titoli si può chiedere il rimborso?
Innanzitutto si precisa che in linea generale tutti i titoli possono essere riscossi, anche quelli emessi sotto la vigenza del Regno d’Italia. Tra i più “frequenti” dei quali ci occupiamo ricordiamo, oltre i classici libretti di risparmio bancari e postali, i buoni fruttiferi postali, i certificati di debito pubblico del Regno d’Italia, i certificati di debito pubblico dello Stato Italiano, i prestiti redimibili ecc.

E’ possibile chiedere il rimborso di libretti di risparmio bancari emessi da banche non più esistenti?
Sì, è possibile chiedere il rimborso anche di libretti di risparmio bancari emessi da banche non più esistenti inoltrando la richiesta alla Banca d’Italia in quanto garante delle obbiligazioni degli Istittuti di Credito.