Carte false e persone inesistenti per vendere illegalmente armi, l'”armiere” patteggia: arriva l’ ok dal Gup

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PRATOLA SERRA – L’armiere finito in carcere ottiene la sentenza di patteggiamento per i reati contestati a suo carico una condanna a tre anni e sei mesi per i 22 capi di imputazione che gli erano contestati. Si è chiusa così, con la sentenza emessa dal Gup Paolo Cassano la vicenda giudiziaria definita con l’istanza presentata lo scorso 21 luglio dal penalista Carmine Ruggiero, che difende insieme al collega Roberto Sellitto l’imputato. Il procedimento nato dalle indagini dei Carabinieri del Nucleo della Compagnia di Avellino e della stazione di Pratola Serra proprio sulle attivita’ dell’armeria succesivamente chiusa. Il pm della Procura di Avellino Luigi Iglio ha confermato il parere favorevole. Secondo le accuse, dall’armeria che gestiva a Pratola Serra sarebbero state cedute a soggetti inesistenti e con precedenti penali pistole, fucili e parti di armi senza che ci fosse traccia di queste operazioni o in molti casi falsificando i modelli 38 (si tratta del modulo di rilevazione delle armi armerie nei casi di vendita tra armerie, vendita direttamente all’estero di armi acquistate dalle fabbriche e dai privati, acquisto di armi dalle fabbriche) . Per questo dopo una perquisizione e gli accertamenti i Carabinieri della Sezione Operativa della Compagnia di Avellino, che avevano sequestrato documenti e apparati cellulari , avevano arrestato il quarantunenne Antonio Fabrizio, indagato per una serie di ipotesi di reati collegati alla falsificazione (Falsità in registri e autorizzazioni), alla vendita illecita di armi e alla detenzione illecita di munizioni, fino all’appropriazione indebita di armi che erano di altri soggetti, all’oscuro della cessione e sarebbero stati ceduti a terzi da parte del Fabrizio. Contestati anche almeno quindici casi di violazione del decreto Tulps sulle armi (i commercianti di armi devono altresì comunicare mensilmente all’ufficio di polizia competente per territorio le generalità delle persone e delle ditte che hanno acquistato o venduto loro le armi, la specie e la quantità delle armi vendute o acquistate e gli estremi dei titoli abilitativi all’acquisto esibiti dagli interessati).

I Carabinieri della Compagnia di Avellino avevano eseguito la misura cautelare firmata dal gip del Tribunale di Avellino Fabrizio Ciccone su richiesta della Procura, le indagini sono state coordinate dal sostituto procuratore Luigi Iglio. L’ordinanza, impugnata dai legali di Fabrizio, gli avvocati Carmine Ruggiero e Roberto Sellitto, era stata confermata dal Tribunale del Riesame. Poi erano arrivati gli arresti domiciliari.

LE INDAGINI

Le indagini sull’armeria di Pratola Serra , che gia’ era stata interessata nei mesi scorsi da un provvedimento di chiusura, sono nate dagli accertamenti dei Carabinieri di Avellino nel gennaio del 2022 sulla detenzione di armi (mai rinvenute però) nella disponibilità di Kevin De Vito, raggiunto anche da una misura in carcere proprio per la detenzione di armi a seguito della estrapolazione dal suo cellulare di video dove provava la funzionalità delle stesse. Secondo le indagini infatti il 16 ottobre 2021, in occasione dell’arresto di De Vito per il reato di tentata estorsione aggravata in esecuzione di misura cautelare, i carabinieri avevano trovato nella memoria del telefono cellulare, sequestrato allo stesso De Vito, un video, cioè un filmato che riproduceva costui con delle munizioni e delle armi. Esse, poi, erano state identificate da un armiere – al quale il filmato era stato esibito – come una pistola a tamburo tipo revolver, una pistola semiautomatica tipo 1911 modello Colt, una pistola semiautomatica tipo Beretta modello 92/98 o similare di fabbricazione estera, una pistola semiautomatica di cui non erano stati rilevati il calibro e la marca. La Cassazione aveva però annullato la misura cautelare. La difesa di De Vito era stata sempre che quelle nel video fossero armi giocattolo prive del tappo rosso.

La Procura aveva ipotizzato sulla base degli accertamenti eseguiti dai Carabinieri che delle ventitré armi cedute secondo le indagini e per cui si sono perse le tracce, almeno cinque sarebbero state trasferite a Kevin De Vito (per cui si è proceduto separatamente). Si tratta di una Colt calibro 45, una 7,65 Beretta, una carabina semiautomatica marca Jager, una pistola P230, una 7,65 Berardinelli oltre ad una Derringer. Stesso discorso per un fucile marca Gamba ceduto ad un altro soggetto senza che ne fosse mai registrata.

UN NOME “FANTASMA” PER LE VENDITE

Dai documenti sequestrati nell’aprile 2022 dai Carabinieri emerge un nome in particolare, che risulta acquirente di un discreto numero di armi, che però non esisterebbe. Un nome di fantasia, in realtà la cessione sarebbe avvenuta a soggetti senza titolo o con precedenti.