Blue Whale, il decalogo della Polizia postale per contrastare il gioco della morte

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“Il Blue Whale non è un gioco”. La polizia postale richiama l’attenzione sui rischi che arrivano via web e che coinvogono soprattutto i giovanissimi.

Anche se tra i ragazzi la pratica “suicida” sta prendendo piede più come una sfida, il “Blue Whale” è molto peggio. L’adolescente viene adescato in rete da un “curatore” e spinto a una serie di prove di coraggio che culminano al 50esimo giorno con il suicidio. Vestendo i panni del tutor, viene chiesto infatti, giorno dopo giorno, di alzarsi in piena notte per vedere un film horror, sporgersi nel vuoto, procurarsi tagli e infine gettarsi dall’ultimo piano. Un’escalation di violenza contro se stessi.

La lotta al challenge passa attraverso gli stessi canali da dove viene diffuso: i social network. E così la polizia postale lancia l’appello attraverso i profili Facebook Commissariato di Ps online Italia e Una vita da social.

Cinque consigli per i genitori, altrettanti per i ragazzi e un’informazione a 360 gradi per metterci sopra il prima possibile la parola fine. Il primo imperativo però vale per tutti: «Facciamo rete e condividiamo».

Prima la spiegazione del fenomeno: «Il Servizio Polizia Postale e delle Comunicazioni – scrivono – sta coordinando gli interventi attivati a seguito delle numerose segnalazioni pervenute ed in trattazione degli Uffici territoriali della Polizia Postale, al fine di individuare la presenza di eventuali soggetti che si dedicano ad indurre minorenni ad atti di autolesionismo ed al suicidio attraverso l’uso di canali social e app, ovvero di intercettare fenomeni di emulazione nei quali pericolosamente possono incorrere i più giovani in rete in preda alle mode del momento o guidati da un’improvvida fragilità, magari condivisa con un gruppo di coetanei».

Il “curatore” punta sulla suggestione, che «può essere operata dalla volontà di un adulto che aggancia via web e induce la vittima alla progressione nelle 50 tappe della pratica oppure da gruppi whatsapp o sui social, nei quali i ragazzi si confrontano sulle varie tappe, si fomentano reciprocamente, si incitano a progredire nelle azioni pericolose previste dalla pratica, mantenendo gli adulti significativi ostinatamente all’oscuro».

Quindi, la prima regola da seguire per i genitori è fondamentalmente quella di tenere gli occhi aperti:

–  Aumentate il dialogo sui temi della sicurezza il rete, parlate con i ragazzi del fenomeno.

– Prestate attenzione a cambiamenti repentini di rendimento scolastico, socializzazione, ritmo sonno veglia.

– Se avete il sospetto che vostro figlio frequenti spazi web sulla Balena Blu-Blue Whale parlatene senza esprimere giudizi, senza drammatizzare né sminuire

– Se vostro figlio/a vi racconta che c’è un compagno/a che partecipa alla sfida Balena Blue-Blue Whale, non esitate a comunicarlo ai genitori del ragazzo se avete un rapporto confidenziale, o alla scuola se non conoscete la famiglia

– Se non siete in grado di identificare con certezza il ragazzo/a in pericolo recatevi presso un ufficio di Polizia o segnalate i fatti a wwww.commissariatodips.it.

E ragazzi come possono difendersi? Primo punto: segnalare chi induce a farsi del male su www.commissariatodips.it, www.facebook.com/unavitadasocial/ o www.facebook.com/commissariatodips/.

Se capita di iniziare il challenge blue whale, si è sempre in tempo a tornare indietro: «Parlane con qualcuno, chiedi aiuto – è il consiglio principale degli educatori – chi ti chiede ulteriori prove cerca solo di dimostrare che ha potere su di te».

Se è coinvolto un amico, bisogna mettere al corrente un adulto. Nel momento in cui poi si viene contattati da un “curatore” ecco cosa fare: «Potrebbe averlo proposto ad altri bambini e ragazzi: parlane con qualcuno di cui ti fidi e segnala subito chi cerca di manipolare e indurre dolore e sofferenza ai più piccoli».

Segnalare sempre, insomma. Anche se si viene aggiunti a gruppi whatsapp, Facebook, Istagram, Twitter o altro in cui si parla di Blue Whale.

E per chi avesse ancora dubbi se si tratti o meno di una bufala, come qualcuno ha chiesto commentando il post, la risposta della polizia postale è stata secca: «Non è una bufala, stiamo verificando tutte le segnalazioni che ci sono arrivate».

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