Basket – Boniciolli si confessa: “Ad Avellino sono stato bene ma…”

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Il campionato della Scandone è ormai finito da una decina di giorni, il futuro è ancora incerto. Tanti i punti interrogativi, c’è da risolvere la questione sponsor, ma anche il problema allenatore. Dopo la partita con Biella tutti hanno l’impressione che sulla panchina biancoverdi il prossimo anno non siederà Matteo Boniciolli. Il coach triestino sembra, nonostante la salvezza, non aver soddisfatto ampiamente l’entourage di via Serafino Soldi. Molti sono stati i diverbi e le divergenze di opinione con il general manager Menotti Sanfilippo. Fortunatamente queste ‘incomprensioni’ non sono mai venute fuori e la squadra ha potuto lavorare bene riuscendo a centrare l’obiettivo salvezza. ‘Fra una settimana sarò felice’ dichiarava Boniciolli a chi lo accusava di non averlo mai visto sorridere. A salvezza raggiunta tracciamo con l’allenatore triestino un bilancio della sua stagione, parlando del più e del meno, da Pecile a Radulovic, fino al futuro che lo vede lontano dall’Irpinia.
Allora coach come giudica la sua stagione ad Avellino?
“Positiva. La vita di un allenatore è strettamente legata ai risultati della sua squadra. Alla fine noi abbiamo fatto un ottimo risultato. Con il tempo ho capito che all’interno di un gruppo bisogna creare delle sinergie che devono avvolgere la squadra, lo staff tecnico, la società e tutto l’ambiente. Anche in questo abbiamo fatto un buon lavoro. In più occasioni c’erano le basi per un mio esonero, per cambiare, ma alla fine sono arrivati i risultati e la forza di una squadra che era con l’allenatore”.
Quando è arrivato in Irpinia metà roster era già fatto. È stato un errore non cambiare subito?
“Ho firmato il 30 luglio, mi avevano chiesto un campionato di assestamento in legadue. Ci siamo ritrovati in lega A e la squadra aveva già una sua ossatura, nonostante le difficoltà abbiamo raggiunto la salvezza. Nel momento di sventura c’è stato però uno scarica barile. Si diceva questol’ho preso io, questo l’ha preso lui ecc. Le difficoltà non sono state dovute alla squadra, ma ad altro. Sono convinto che con il roster iniziale, se al posto di Zanelli, che usciva dalla panchina, avessimo avuto un esterno con più talento sono sicuro che avremmo fatto 32/34 punti. Oggi per Avellino il problema si chiama Dino Preziosi. L’Air deve rimanere per dare delle garanzie economiche. Se il prossimo anno ci sarò, la squadra la faccio io”.
Zimmerman l’ha preso lei?
“Si l’ho preso io ed è stato un peccato non averlo preso prima. È stato uno dei migliori. Per trarre delle conclusioni si deve parlare alla fine e non in corso d’opera. Montegranaro ha fatto un campionato super, ma alla fine ha fatto gli stessi punti di Scafati. Alibegovic ha avuto poca considerazione, mentre Pillastrini, coach della Premiata, è stato osannato, tanto da definirlo, per rimanere in tema, l’allenatore del secolo”.
L’ha delusa più Pecile come persona o la sua scelta di andare in Spagna?
“Premettendo che se mi ritrovassi nella stessa situazione con una panchina formata da Ferrara, Zanelli, Rossetti, Bryan, Maioli, Pecile lo prenderei altre 100 volte. Quello che non si è detto è che Pecile è stato un affare per la società dal punto di vista economico. Forse non tutti lo sanno ma nel momento in cui è andato via, ‘Sunshine’ ha restituito tutto quello che aveva percepito con più il 20%. Economicamente ci ha fatto guadagnare e non perdere. Io speravo che si affezionasse e rimanesse, ma non è stato così. Il nostro ragionamento è stato questo, prendiamo Pecile e poi se va via lo sostituiamo con uno più forte. Il vero dramma è stato il mancato arrivo di Palacio. Se l’americano fosse venuto il nome di Pecile lo avrebbero dimenticato tutti. Purtroppo è venuto meno anche Darby, che ha disputato una stagione pessima anche a causa degli infortuni”.
In una recente intervista ha detto che ad Avellino devono essere eliminati i personalismi, tutti importanti, ma nessuno indispensabile. Era un messaggio per qualcuno?
“Si ma in questo momento non faccio nomi, evito di pronunciarmi. Per natura diffido da tutti coloro che si ritengono indispensabili. Sono morti Papi, Imperatori è morto Mrtin Luther King eppure il mondo è andato avanti. Pensare di essere indispensabili è fuorviante, è sbagliato. Ad Avellino è stato dimostrato che si può fare la pallacanestro con Markoski, con lo sfortunato Capobianco, con Dalmonte, con Gresta o senza Gresta, con Menotti o senza Menotti, con Boniciolli o senza Bonciolli”.
Secondo lei cosa manca alla Scandone per diventare una grande società?
“Nel mondo di oggi è necessario avere danaro, senza non si va avanti. Bisogna avere una basa economica forte per progettare e programmare il futuro e non solo per ciò che riguarda la prima squadra, ma anche per il settore giovanile, che deve essere una rendita in prospettiva futura. Reggio Emilia, che è retrocessa, investe nel settore giovanile 400mila euro. Una parte del budget sarebbe giusto spenderlo per fare reclutamento tra i giovani della provincia di Avellino e prendere un allenatore supervisore che faccia da chioccia ai giovani coach e che migliori i giocatori. Ad Avellino questo si potrebbe fare, perché i costi rispetto ad altre zone sono inferiori”.
Ma forse il settore giovanile non interessa nessuno, è ritenuto più un peso che altro.
“Questo l’ho capito….”
Alla fine cosa le rimarrà di questa avventura?
“È stata un’esperienza bellissima. Abbiamo vinto tutte le gare importanti, fallendo solo Biella. Siamo riusciti a dare sempre il massimo facendo un recupero clamoroso. Il gusto della rimonta, le vittorie di Milano, Reggio Emilia ed i derby vinti in casa con Napoli e Scafati sono da immortalare. Ho vissuto grandi emozioni. Sono stato contento, ho avuto una grande collaborazione, ho conosciuto tante persone fantastiche. Per quanto riguarda il futuro sono in attesa di un colloquio con Preziosi. Se c’è l’interesse ed un progetto valido per entrambe le parti rimango, altrimenti prenderemo due strade diverse”.(di Giovanni La Rosa)

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