AVELLINO – L’Antimafia chiude le indagini sul “clan delle aste”, otto gli imputati del processo chiuso nell’aprile scorso con una clamorosa sentenza di remissione degli atti alla Procura perché il capo di accusa doveva essere riferito a un clan autonomo e non al Nuovo Clan Partenio. I PM antimafia Henry Jhon Woodcock e Simona Rossi hanno firmato i nuovi avvisi e si preparano a chiedere un nuovo processo per associazione e concorso esterno e una sfilza di reati fine.
GLI INDAGATI
Aprile Armando Pompeo, difeso dall’avvocato Alberico Villani; Barone Antonio, difeso di fiducia dall’avvocato Claudio Botti e dall’avvocato Caterina Migliaccio; Dello Russo Carlo, difeso dall’avvocato Gaetano Aufiero; Formisano Gianluca, difeso dall’avvocato Carlo Taormina; Livia Forte, difesa dagli avvocati Roberto Saccomanno e Alfonso Furgiuele del foro di Napoli; Nicola Galdieri, difeso dagli avvocati Gaetano Aufiero e Claudio Davino del foro di Napoli; Damiano Genovese, difeso dagli avvocati Gerardo Santamaria e Claudio Mauriello; Pagano Beniamino, difeso dall’avvocato Gaetano Aufiero.
LE ACCUSE CAMBIANO: UN CLAN AUTONOMO
Nel nuovo avviso notificato dalla Dda di Napoli vengono infatti accusati, anche alla luce della sentenza ordinanza di remissione del Tribunale di Avellino, a vario titolo, “di aver promosso, costituito, organizzato e partecipato… nella reciproca
consapevolezza dell’apporto causale fornito da ciascuno di essi e dei reciproci ingiusti vantaggi e profitti, a un’associazione di tipo camorristico, operante in Avellino e provincia”.
Nello specifico quella “promossa, costituita, diretta e organizzata da Galdieri Nicola, Dello Russo Carlo, Pagano Beniamino, Forte Livia, Aprile Armando Pompeo, Genovese Damiano, Formisano Gianluca e Barone Antonio (ovvero con il concorso esterno degli ultimi due), i quali, avvalendosi tutti della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva, hanno dato luogo e hanno partecipato alla suddetta associazione di stampo camorristico promossa, costituita, organizzata e partecipata per commettere, in particolare, un numero indeterminato di delitti di estorsione e di turbata libertà degli incanti (aggravati ex art. 416 bis. I cp), consumati, in modo specifico, per acquisire e per assumere controllo monopolistico inerente alla gestione illecita delle procedure di esecuzione immobiliare, principalmente espletate in seno al Tribunale di Avellino”.
IL VERTICE FORTE-APRILE, BARONE E FORMISANO CONCORRENTI ESTERNI
L’Antimafia contesta a Forte Livia e Aprile Armando Pompeo, il ruolo “di promotori, capi e organizzatori del sodalizio, con funzioni di direzione ẹ finanziamento dell’attività criminosa inerente alla gestione illecita delle procedure di esecuzione immobiliare incardinate principalmente presso il Tribunale di Avellino, mediante il rodato e remunerativo metodo caratterizzato da violenze, minacce, anche implicite, in grado di intimidire partecipanti, così “inquinando” profondamente la regolarità delle procedure in questione”.
Per Antonio Barone e Gianluca Formisano il ruolo di concorrenti esterni per l’apporto fornito al clan e, nello specifico, “con il compito segnatamente dal febbraio 2019 sia di espletare (con le modalità e nei termini sopra illustrati), su indicazione della Forte Livia e dell’Aprile Armando Pompeo, e in taluni casi anche in autonomia (e comunque con l’intesa presa a monte di rendere conto e dividere i profitti con gli altri appartenenti al sodalizio), sopralluoghi presso gli immobili oggetto delle suddette procedure esecutive immobiliari, provvedendo ad approcciare gli esecutati”.