Air – Dee Brown, primo bilancio: “Tanto talento, ma serve il lavoro”

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Avellino – Neanche il tempo di assaggiare il ritorno a casa che i cestisti biancoverdi si preparano a ripartire: due giorni di allenamenti tra le mura amiche e poi di nuovo su e giù per l’Italia in vista dei prossimi scrimmage con altri club di lega A.
Il ritiro di Bormio è però stato fondamentale per i lupi che, proprio come due anni fa, hanno cominciato a gettare le basi per costruire quella ‘chimica’ che è mancata la passata stagione. Indicazioni importanti anche per quel che riguarda il gioco e le caratteristiche degli uomini della nuova Air. Il primo obiettivo è chiaro: lavorare sull’attacco a metà campo, capire che non è sempre necessario andare a 100 allora, saper giocare anche ‘con le marce’. Lavoro non certo semplice per Dee Brown, proiettato in un nuovo sistema con compagni di squadra nuovi, dei quali deve capire bene le caratteristiche e le potenzialità. “Mi piacciono le sfide ha spiegato l’ex stella di Illinois siamo 10 giocatori nuovi, con un coach nuovo e in una squadra nuova che si trovano su un parquet insieme per la prima volta, e dunque abbiamo bisogno del nostro tempo per imparare a conoscerci. Questa esperienza in ritiro è stata fondamentale, perché siamo sempre stati insieme. Abbiamo giocato tanto, ci siamo allenati bene e abbiamo pensato solo ad una cosa, la pallacanestro. I viaggi sono faticosi ma non sono certo un problema. Non vedo l’ora di ripartire per affrontare le prossime amichevoli in modo tale da esser pronto, insieme ai miei compagni, per il debutto in campionato”.

Ad un mese dall’inizio del torneo hai avuto modo di conoscere meglio i tuoi compagni d’avventura. Che ne pensi di loro?
“La squadra è ottima. E’ un eccellente mix di veterani e giovani, e soprattutto c’è davvero tanto talento. Ovviamente però abbiamo bisogno di tempo perché giochiamo insieme da poco, ma credo che trovando la giusta chimica riusciremo a toglierci grandi soddisfazioni. In questo senso, il lavoro a Bormio è stato decisivo”.
Hai alternato prestazioni da 20 e passa punti ad uscite più modeste, da cosa è dipeso?
“E’ normale attraversare dei momenti di confusione in fase di preparazione. A volte forse eravamo troppo preoccupati di fare bene una determinata cosa che ci dimenticavamo del resto. Dopotutto non è semplice metabolizzare un nuovo sistema. L’obiettivo è quello di riuscire a recepire nel miglior modo possibile le richieste del coach”.
A proposito del coach, è stato molto chiaro: bisogna lavorare tanto sugli attacchi a metà campo, essere meno confusi e non cercare sempre la transizione. Per te che sei abituato a correre, sarà un problema questa richiesta?
“Assolutamente no. Mi piace il lavoro che sta facendo il coach, è molto determinato e sa cosa possiamo dare e cosa chiederci. Sta insistendo sulle nostre lacune. Un cestista di solito è portato ad andare in transizione il più possibile, perché ti porta a segnare canestri facili. E sono proprio questi canestri in contropiede, magari 1 contro 0 o comunque in superiorità numerica, che ti permettono di vincere le partite. Personalmente, adoro andare in campo aperto perché so che in quelle situazioni posso essere molto pericoloso. Ma volte per la fretta di correre si perdono tanti palloni banali, ed è dunque bene lavorare su questo aspetto. Il nostro successo dipenderà da come riusciremo ad equilibrare transizione e attacco a metà campo. Le partite di playoff, le partite decisive, si vincono anche e soprattutto con gli attacchi a metà campo, perché i tuoi avversari conoscono le tue debolezze e sono pronti a sfruttarle se non esegui tutto al top. Ma credo che quando arriverà il momento decisivo della stagione saremo pronti”.
Avete giocato molto pick and roll, come ti trovi ad avere dei lunghi in grado di allargarsi sul perimetro?
“Per me è una gran cosa. Quando mi è capitato di giocare il pick and roll alto e centrale ho avuto tantissime soluzioni a disposizione, perché posso andare a canestro, cercare lo scarico per il lungo o aprire per i miei compagni sugli esterni. Decisamente la versatilità che abbiamo in mezzo al campo è un’ arma a nostro favore, un bel grattacapo per i nostri avversari. Ma dobbiamo lavorare ancora molto per raggiungere la migliore esecuzione possibile e trovare le giuste spaziature”.
Parlaci dei tuoi nuovi compagni di squadra. Demarcus Nelson è alla sua prima esperienza fuori dall’America, pensi possa far bene? E Akyol è davvero il gran talento che tutti descrivono?
“Ripeto, credo che siamo una squadra dal grandissimo potenziale. Troutman, Lauwers e Dylewicz sono ormai dei veterani dei campionati europei e non necessitano di presentazioni. Demarcus Nelson ha tutto dalla sua parte: è giovane, è atletico e ha voglia di dimostrare tutto il suo valore. Può darci una mano in attacco e in difesa, è in grado di fare tante cose in mezzo al campo. Chiaramente, deve abituarsi alla nuova realtà: essendo alla prima esperienza forse ci vorrà un po’ in più, ma credo che alla fine non avrà problemi. Akyol invece già lo conoscevo. Lo vidi giocare in Turchia e già mi accorsi del suo potenziale: intelligente, pronto e con un gran tiro dalla distanza. Per lui questa stagione è fondamentale perché deve dimostrare tutto il suo valore anche quando caricato di minuti e responsabilità. Noi daremo una mano a lui e lui darà una mano a noi. Dopotutto, siamo tutti qui per dimostrare quanto valiamo, singolarmente ma soprattutto come squadra. Con la giusta alchimia e la giusta confidenza in noi stessi, credo riusciremo a toglierci belle soddisfazioni. L’ambiente è quello giusto, la città ci ha accolto alla grande e tutti sono carichi. Li ripagheremo nel migliore dei modi”. (Giuseppe Matarazzo)

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