Ai domiciliari per maltrattamenti in famiglia: assolto dall’accusa e scarcerato

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ALTA IRPINIA- Assolto dall’ accusa di maltrattamenti in famiglia, fatto per cui dall’ ottobre scorso era detenuto agli arresti domiciliari. Si e’ chiuso cosi’ il processo nei confronti di un imputato originario di un comune dell’ Alta Irpinia, per cui al termine dell’ istruttoria dinanzi al giudice monocratico del Tribunale di Avellino Sonia Matarazzo, era stata invocata la condanna da parte della Procura a due anni e quattro mesi. Una istruttoria che pero’, come ha rilevato nella sua arringa finale il difensore dell’imputato, l’avvocato Marina Mosca, non ha consegnato nessuna prova dei maltrattamenti. A partire dalla stessa configurazione del reato, che in premessa della sua discussione finale, l’avvocato Mosca ha rilevato come debba essere caratterizzato da “fatti ravvicinati che determinino sofferenze psichiche ma siano avvinti anche da un carattere di unitarietà che e’ il fine e la consapevolezza di commettere questi fatti per provocare queste sofferenze stesse nella persona offesa”. Quello definito da una sentenza richiamata in aula della Corte di Cassazione come “dolo unitario e programmatico”. Rispetto al fatto specifico, l’avvocato Mosca ha rilevato invece come: “Il caso di specie parte dalla denuncia che fa la sorella non convivente. Tutti i testi dell accussa che abbiamo ascoltato hanno riferito come l’imputato

utilizzasse toni alterati quando aveva fatto abuso di alcool associato agli psicofarmaci che gli erano stati prescritti. Tutti i testi sono stati concordi nel confermare che mai era stata usata un’ arma o violenza nei loro confronti”. La stessa convivente, come ha ricordato l’avvocato ” ha spiegato in questa aula di non essersi mai sentita persona offesa…che spesso vengono chiamati anche i Carabinieri per i contrasti nella sua abitazione a causa del numero elevato di conviventi”. E qui la difesa evidenza un dato di non secondario rilievo, il fatto cioè confermato dai testimoni, che anche dopo il trasferimento in un altro domicilio dell’imputato, per essere sottoposto agli arresti domiciliari: “sono intervenuti i carabinieri dopo gli arresti domiciliari per liti tra i conviventi”. Sempre dalle testimonianze la difesa ha fatto emergere come, gli atteggiamenti dell’imputato: “non erano minacciosi e violenti per provocare sofferenze, ma frutto spesso di provocazione”. Emblematiche di uno stato di alterazione collegato all’abuso di alcol anche le certificazioni prodotte e richiamate dalla difesa in aula. In particolare alcuni episodi, riferiti sempre dalle parti offese in cui si raccontava: “Mio fratello dava a pugni conto il muro, dicendo: ho già commesso venti omicidi, sono un talebano, sono un soldato ……”. Non solo, ha ricordato l’ avvocato Mosca, minacciava anche chi vedeva in televisione. Quello descritto dalla difesa e’ stato fondamentalmente un “contesto in cui non si comprende, data la litigiosità, chi sia il maltrattante e chi il maltrattato”. Argomenti che hanno attecchito sulla decisione finale (anche se sara’ necessario leggere le motivazioni della sentenza) , visto che l’imputato è stato assolto dall’accusa di maltrattamenti ed e’ stata disposta la sua immediata liberazione.