Accusata di non aver impedito la violenza del “pastore” sulla figlia: mamma assolta

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AVELLINO- Era accusata di un fatto gravissimo: non aver impedito al “pastore” della comunita’ religiosa che frequentava di abusare o quantomeno tentare una violenza sessuale sulla figlia, all’epoca dei fatti minorenne. Per una donna, difesa dagli avvocati Giovanna Perna e Pompeo Del Re e’ arrivata l’assoluzione.

I giudici del Tribunale Collegiale di Avellino, presidente Gian Piero Scarlato (a latere Pierpaolo Calabrese e Lorenzo Corona), hanno infatti disposto il non luogo a procedere per intervenuta prescrizione. La stessa Procura aveva chiesto l’assoluzione per la donna, accusata “in qualità di genitore della minore, avendo l’obbligo di impedire l’evento a carico delle figlia” di aver facilitato “con la sua inerzia la violenza sessuale subita dalla….”.

Fatti avvenuti tra Vasto e Sant’Andrea di Conza dal 1996 al 2015, quando la ragazza, classe 81, era ancora minorenne.

La ragazza aveva denunciato i fatti, non la madre ma solo il “pastore”, riferendo che all’età di 15 anni, quindi verosimilmente nel 1996, aveva subito questo tentativo di violenza sessuale da parte del pastore. Per la difesa i termini della vicenda erano ormai prescritti, in virtù del fatto che: “Benvero, con riferimento al reato in questione, in virtù del principio del favor rei- ha spiegato l’avvocato Perna- relativamente al tempo necessario alla prescrizione del reato, questo risulta essere ari al massimo della pena edittale prevista, che nel caso di specie è da considerarsi i “10 anni””. Nel caso specifico fino al gennaio 2010, quindi archiviazione per estinzione del reato per intervenuta prescrizione. Nel merito, invece, nel corso delle sua arringa, l’avvocato Perna ha sottolineato come: “La istruttoria dibattimentale ha accertato che non sussistono le condizioni costitutive affinchè l’imputata debba rispondere di causalità omissiva, in quanto difettano: la conoscenza o conoscibilità dell’evento; la conoscenza o inconoscibilità dell’azione doverosa incombente sul garante; la possibilità oggettiva di impedire l’evento.

Dal racconto dei testi e dal contenuto della denuncia-querela si evince in modo incontrovertibile che l’imputata non aveva alcuna conoscenza dei presupposti fattuali del dovere di attivarsi per impedire l’evento e che non si sia astenuta, con coscienza e volontà, dall’attivarsi; con ciò volendo o prevedendo l’evento o provocandolo per negligenza, imperizia, imprudenza o violazione di norme” . Si chiude una vicenda finita agli onori delle cronache anche per il parallelo processo tra cui si contestava anche la riduzione in schiavitù.