A Sperone i figli raccontano l’Andreotti “inedito”

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SPERONE- Ma voi lo immaginate Giulio Andreotti, dipinto come il Belzebu’ della “Prima Repubblica” , prendere carte e penna e scrivere alla moglie, usando poi incipit sempre più affettuosi e nomignoli particolari (da “cara Liviuccia” a “cara ostrichetta”)? Invece e’ proprio questa parte inedita di uno dei più grandi statisti del Novecento, di cui quest’ anno ricorre il decennale della morte, quella che emerge dalle lettere indirizzate in un lungo arco temporale (dal 1946 al 1970) alla moglie Livia. C’e’ un Andreotti sconosciuto ai più, abituati agli stereotipi e alle cronache politiche e non solo della “Prima Repubblica”. A farlo scoprire, aprendo nel vero senso della parola il cassetto dei ricordi sono stati due dei quattro figli del “sette volte Presidente del Consiglio”. Stefano, ex dirigente Siemens e Serena, che ha lavorato per anni alla Treccani. Cosi’ grazie all’impegno del consigliere comunale di Sperone Pasquale Muccio e alla disponibilità del comune mandamentale, a partire dallo stesso sindaco Adolfo Alaia, con la Mondadori Point di Nola , al tavolo c’era la direttrice Autilia Napolitano e la moderazione di Enzo Pecorelli, e’ stato proprio il Comune più “rosso” nella storia di Irpinia ad ospitare la presentazione della raccolta di lettere che prevalentemente in estate Giulio Andreotti indirizzava alla moglie.

Tra i relatori, oltre al sindaco Alaia e al consigliere Muccio, giovane “papa’” dell’iniziativa, come lo ha voluto ricordare il moderatore, erano presenti anche Sabino Morano, guida del gruppo metapolitico Primavera Meridionale, Sergio Barile, docente universitario e Girolamo Giaquinto, vicepresidente della Provincia e primo cittadino di Montoro. Il fascino di un personaggio che la cui cifra non poteva essere sicuramente connotata o nota solo dagli stereotipi ha messo tutti d’accordo. Anche perche’ la raccolta di poesie offre l’Andreotti umano e soprattutto marito innamorato e padre premuroso. Un po l’obiettivo vero di Stefano e Serena. E’ stato il terzogenito del “Divo” Giulio a spiegare i motivi per cui, dopo i diari si è deciso di pubblicare anche parte delle circa 400 lettere rinvenute dopo la morte della signora Livia, deceduta nel 2015 a due anni di distanza dalla morte del suo amato marito in un cassetto. E qui c’è il primo aneddoto raccontato. Quelle lettere erano state comprate da un signore in un mercatino dell’ usato. Come ci fossero finite era un mistero. Quello che è certo che, dopo averle lette, colpito dall’amore che emergeva per la sua famiglia da parte di Andreotti, l’acquirente aveva deciso di inviare quella lunga corrispondenza ai suoi legittimi proprietari. “Tenere viva la memoria di nostro padre con la pubblicazione di documenti per dare un immagine di quello che era realmente Giulio Andreotti”. E’ così che Stefano spiega la genesi della raccolta messa insieme ed edita per Solferino. Tocca a Serena Andreotti aprire la lettura delle missive, offrendo un primo spaccato dell’incrocio tra la vita pubblica del padre e le preoccupazioni nel privato per la famiglia. A partire da uno dei primi scandali in cui era stato tirato in causa Giulio Andreotti: ”

Uno dei primi casi di scandali in cui hanno cercato di coinvolgere mio padre era la mancata sorveglianza di un banchiere emiliano , che aveva creato questo sistema truffaldino con l’ appoggio di qualche prelato. Tiravano fuori nel’ estate del 57 questa accusa . Mi piace leggere questa lettera, perché viene fuori una cosa particolare , perché lui raccontava tutto mia madre senza farla preoccupare. Le uniche lettere di mamma trovate sono scritte in quella occasione. Emerge molto il fatto di mio padre che la conforta. Si tratta di una lettera del 29 agosto 1957″. Ma nelle lettere c’e’ un uomo di Stato e la storia del Paese lette da una diversa angolatura del personaggio. A partire dalla preoccupazione per le sorti di Antonio Segni, l’allora Presidente della Repubblica. Ma anche alla preoccupazione in ogni lettera di far presente il menu della giornata. Quasi un’ossessione. Che Serena e Stefano Andreotti hanno pero’ spiegato da cosa derivasse: ” Oggi normalmente quando si mangia non si fa un pranzo completo, perche’ i tempi sono veloci e i ritmi serrati. Li c’era la fame della Guerra Mio padre raccontava che quando erano giovani, durante il periodo della guerra, andavano in giro per Roma e cercavano e mangiavano anche i piccioni”. L’ altra ossessione di Andreotti era la cura del suo “collegio elettorale”. I sindaci della Ciociaria venivano prima anche degli ambasciatori. Ed era vero, come hanno confermato i due figli. C’era una grande attenzione ai riferimenti tra lui e gli elettori. Serena racconta anche che “i vari amministratori del collegio avevano sempre la precedenza, era il suo modo di intendere il mandato parlamentare. Tanto è vero che quando è diventato senatore a vita si è dispiaciuto, ora come faccio con i miei elettori”. Ancora oggi, qualcuno si rivolge per le più disparate richieste ai figli dello statista democristiano. E proprio su una delle prassi particolari della cosiddetta “Prima Repubblica” Serena Andreotti regala una “chicca” storica. Tra le carte del padre era stata trovata persino una segnalazione di Togliatti per un militare. “Ma la raccomandazione era anche legata al merito in quegli anni” ha raccontato Stefano. Tantissime le curiosità, che hanno tenuto il pubblico intervenuto nella sala consiliare del paese mandamentale per almeno due ore. Un po’ la storia raccontata senza stereotipi e la curiosita’ di conoscere quella parte “inedita” di Andreotti.