Si rinnova l’appuntamento con “Il Volo dell’Angelo”, la sacra rappresentazione celebrata a Gesualdo tutti gli anni l’ultima domenica del mese di Agosto, in onore di San Vincenzo Ferreri.
Un Angelo impersonato da un bambino inizia il suo volo legato a una fune d’acciaio tesa fra la torre del Castello di Gesualdo e il campanile della Chiesa del SS.Rosario, ad un’altezza di 25 metri per un percorso lungo circa 100, scorrendo su carrucole fino ad incontrare un uomo nelle vesti del Diavolo, che troneggia da un palco simboleggiante la porta dell’inferno sistemato nella sottostante Piazza Neviera.
I primi solenni festeggiamenti in onore del Santo taumaturgo San Vincenzo Ferreri vengono fatti risalire all’anno 1822, visto il ritrovamento di un manifesto celebrativo del primo centenario dell’avvenimento datato appunto 1922. Le origini della sacra rappresentazione invece rimangono ancora non chiarite del tutto, infatti dagli archivi della Confraternita della Chiesa del SS. Rosario sono emersi pochi esaustivi elementi per una precisa ricostruzione storica. La data di nascita è destinata a conoscersi solo in modo approssimativo, potendola far ricadere tra il 1833, anno in cui si formò il primo contratto-festa della cui costituzione è giunto sino a noi un preciso e dettagliato verbale, e il 1876, anno in cui le cronache riportano l’infausto evento della rottura della fune (allora fatta di semplice canapa) e la caduta dell’angelo che – si racconta – si salvò cadendo nella fitta vegetazione che allora circondava la fortificazione del castello. Questo avvenimento suscitò una grande emozione nei presenti, tanto che molti gridando al miracolo alzarono inni e preghiere in onore del Santo. La tradizione racconta che la nuova fune che avrebbe dovuto sorreggere l’angelo, stavolta d’acciaio, venne donata da un gruppo di emigranti gesualdini a lavoro su un mercantile statunitense attraccato nel porto di Napoli.
La recita e le scene richiamano ai testi del teatrino medievale, dove lo scontro tra il bene ed il male vede contrapporsi la fede avverso il vizio e le tentazioni della vita terrena. L’Angelo giunto a metà del percorso in corrispondenza del centro della sottostante piazza Neviera, si rivolge prima al Santo e poi al suo popolo: “O glorioso San Vincenzo Ferreri, io dall’alto vengo e ti saluto, …mi rallegro con te del grande onore che oggi ti rende questo popolo festante…” e poi agitando il suo dardo lancia la sfida al diavolo…“lode a te evviva per sempre a dispetto di Satana e di tutto l’inferno!”.
Il diavolo, nel trambusto di spari e urla disumane, sbuca da sottoterra (un palco montato fra la folla) e risponde: … “di Satana? Di tutto l’Inferno? Quale esile fiato fa cenno al mio nome? Al mio Regno? …Tu! …Chi sei tu, o miserabile uccello dalle ali mozzate che pigolando vai su questa mia terra?….segue un alterco in cui il diavolo, dall’atteggiamento subdolo ed ironico, sbeffeggia il popolo delle sue debolezze e dei suoi vizi, facendo vanto della sua potenza sugli uomini, per poi rivolgersi sarcastico al suo nemico.
L’angelo esalta le virtù della fede nell’elogio al santo ed esorta il popolo a combattere le insidie del male con la preghiera per non cadere nelle tentazioni e nel vizio. La lotta si placa e il diavolo sconfitto ritorna all’inferno inveendo e minacciando, mentre l’angelo vincitore, nel tripudio generale riprende il suo volo fino al campanile.
Il Volo è la simbolica rappresentazione della discesa sulla terra dell’angelo che viene ad omaggiare San Vincenzo Ferreri e il popolo dei suoi fedeli festanti. In serata, dopo aver accompagnato il santo nella processione lungo le strade del paese, l’Angelo nel calar della notte ripercorre a ritroso il tragitto della mattinata impartendo la sua benedizione ai fedeli, che entusiasti e commossi accompagnano tra gli applausi il suo ritorno al cielo.
La festa di San Vincenzo Ferreri simboleggia la festa del raccolto, in un luogo prevalentemente agricolo, e il rituale è un modo per ringraziare il santo della abbondanza dei raccolti. La festa è anche dei tanti emigranti, che in questo giorno, ritornano a Gesualdo a visitare case e parenti. Il significato antropologico della festa si materializza nella simbologia della figura del bambino-angelo, che vola al di sopra della gente con l’identità locale che si riconosce in un’unica persona: un santo guerriero che combatte da solo, a nome di tutti, piccolo ma coraggioso contro tutto ciò che rappresenta un’insidia o una minaccia.
L’azione scenica del rito può presentarsi in due forme: nella prima, da uno a tre bambini, vestiti da angelo, vengono fatti pendere con un cavo sulla statua del Santo, al quale offrono fiori e dedicano poesie; nella seconda, bambini vestiti da San Michele, recitano e mimano, a terra o appesi a un cavo, la lotta con il diavolo, impersonato da un ragazzo o da un adulto. Il contrasto angelo-diavolo è presente principalmente in Campania, dove la rappresentazione mette in scena lo scontro tra bene e male.
La teatralizzazione del rapporto e del conflitto bene-male, che si risolve nella sconfitta del diavolo e nel trionfo dell’angelo, ha un valore fortemente simbolico. Nella processione che segue la lotta, i demoni vinti si aggirano ancora per le strade finché l’angelo ritorna alle sue origini celesti.
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