La resilienza responsabile di Vallese: la memoria è prevenzione, importante pianificare

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AVELLINO- “La vera catastrofe non è la scossa della terra o la piena dell’acqua. La vera catastrofe è l’impreparazione”. Per combatterla c’è quella che Luca Vallese definisce “resilienza responsabile”. Così il professionista del settore assicurativo, ha deciso di scrivere un saggio dove la memoria diventa il modo con cui “aprire gli occhi” rispetto alla verità e alla responsabilità. Raccontando con verità che ormai le catastrofi fanno parte dell’ ordinarietà della nostra vita. Quella della polizza catastrofale, ormai una realtà, spiegata in maniera semplice, partendo da esperienze personali (ma senza intenti autobiografici) e una carrellata sul filo rosso che unisce gli eventi più gravi dalla frana di Maiori del 1954, che gli raccontava nonno Giuseppe, il commendatore alla frana di Casamicciola, ovvero la tragedia naturale e sociale. Cambiamenti climatici e storia dei disastri del Paese, a partire da quello del sisma in Irpinia, sono il segno che ormai non c’è più il dubbio del se ma del quando. Allora bisogna prevenire. Farlo con responsabilità personale e collettiva e con pianificazione. Proprio come fu per la Protezione Civile dopo il 1980, oggi la prevenzione passa per una stabilità e una garanzia dopo i disastri. Anche perché lo “Stato-mamma”, quello dei miliardi a cascata dopo ogni tragedia non esiste più. E perché ad ogni catastrofe naturale corrisponde una catastrofe sociale ed economica. E quindi l’obbligo della polizza catastrofale diventa un modo per rialzarsi dopo ogni tragedia. Nel saggio di Luca Vallese ci sono anche i numeri e i tempi di come un’impresa può affrontare con la polizza un disastro e come invece no. La domanda che tutti si potrebbero porre rispetto al lavoro che Vallese ha dedicato alla responsabilità condivisa: Qualcuno potrebbe dire: “Ma allora c’è un conflitto di interessi, perché così fai più consulenze,”La verità è che tutti lavoriamo anche per un interesse personale: medici, avvocati, opera, insegnanti. Non è questo a dare dignità a un mestiere. La differenza sta in come lo svolgi, nel valore che riesci a creare per gli altri”. Non e’ un saggio per profetizzare sventure come una sorta di “Cassandra 2.0” ma nelle conclusioni viene evidenziata anche l’etica e la missione che si prefigge con il suo lavoro l’autore: “II mio mestiere è bello e arduo. Vorrei che imparassimo a guardare gli assicuratori non come burocrati senza volto, ma come angeli discreti: se possono, alutano, non con promesse vuote, ma con strumenti, metodi con la consapevolezza di una verità che ci accomuna tutti: la nostra fragilità”.