GENOVA- “Quello che i vertici di Aspi non hanno fatto per Avellino tra omissioni e mancati controlli hanno continuato a farlo negli anni successivi e anche dopo il crollo del viadotto Polcevera”. E’ quanto ha sostenuto nella tensostruttura dove si celebra il processo per la strage del Ponte Morandi il pm Walter Cotugno in uno dei passaggi della requisitoria partita lo scorso mese di giugno e continuata nell’ udienza di oggi nel processo per le 43 vittime della strage del Ponte Morandi, avvenuta il 14 agosto 2018 a Genova. Non poteva mancare un riferimento alla tragedia di Acqualonga, la strage del 28 luglio 2013, dove c’erano state 40 vittime, ma in particolare, come ha spiegato Cotugno in entrambi i casi ci fu una scarsa manutenzione, un’insufficienza delle ispezioni visive, una carente attività dell’amministratore delegato e dei vertici aziendali anche per quanto riguarda la sorveglianza. E in riferimento alla posizione dell’ex ad di Aspi, collegato in videoconferenza dal carcere di Opera, dove sta scontando la condanna definitiva per la strage di Acqualonga, Cotugno ha ricordato, come viene riportato dal Secolo XIX: «È la Cassazione, sulla vicenda di Avellino, a chiarire quanto l’amministratore delegato di Aspi non potesse che occuparsi di sicurezza, visto che questo è l’oggetto della produzione della sua azienda. insito nel ruolo di un ad – ha spiegato il pm Cotugno – Questo vale come detto per Autostrade. Se usiamo l’esempio della fabbrica di cucchiai, vediamo come la sicurezza dei dipendenti e degli utenti sia un qualcosa di ancillare rispetto al core business. E così lo è per il suo ad. Per la legislazione italiana questo è il principio generale».
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