VIDEO/ Scomparsa Sibilia, se ne va un pezzo di storia dell’Irpinia

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Avellino – Commendatore per sempre, ultimissimo esemplare di quella generazione di presidenti che, con i compianti Luzzara, Pietro Scibilia, Rozzi, Anconetani e Lugaresi, Antonio Sibilia ha illuminato quel calcio tutto radioline e 90º minuto che negli anni ‘80 si chiamava ‘di provincia’.
Se ne è andato oggi don Antonio, in una mattinata di inizio autunno. Il suo nome è riecheggiato sulle pagine di cronaca nazionale per l’ultima volta proprio pochi giorni fa, in occasione dell’ultima e criticatissima ‘uscita’ del patron della Samp Massimo Ferrero, degno erede dei presidenti d’avanspettacolo della Serie A, di cui il ‘nostro’ Sibilia è stato alfiere per anni.

Chissà come si compiacciono, da lassù, i presidenti vecchio stile. Il buon Romeo Anconetani con la sua vocetta chioccia e il sale grosso da spargere in campo, a Pisa. L’indimenticabile Costantino Rozzi da Ascoli Piceno, con i suoi calzini rossi portafortuna e i seggiolini da montare allo stadio (un furbacchione, Rozzi: tra i primi a capire che il pallone poteva giovare assai agli affari, in questo persino Berlusconi è venuto dopo).
Oppure l’immaginifico Angelo Massimino da Catania, quello del prosciutto che sapeva di pesce (era salmone) e dell’amalgama che mancava, e che dunque bisognava acquistare al calcio mercato. Oppure Luciano Gaucci da Perugia (lui però è ancora vivo, ndr) ma anche e soprattutto Antonio Sibilia da Avellino, anzi da Mercogliano, con la sua inconfondibile voce, quella roca, forte e genuina.

Antonio Sibilia se n’è andato, portando via con sé l’umorismo sanguigno e verace che lo ha accompagnato per tutta la sua vita. Un legame indissolubile con la sua terra ed i colori biancoverdi, quelli dell’Unione Sportiva Avellino, di cui divenne presidente per la prima volta esattamente 44 anni fa, nell’ottobre del 1970.
Il lustro alla guida del club fruttò una promozione in Serie B nella stagione 1972/73, poi nel ’75 la decisione di passare la mano ad Arcangelo Iapicca, rimanendo comunque ancorato alle sorti della società. Il ritorno sulla poltrona presidenziale si registrò nel pieno dei gloriosi anni della Serie A, dal 1981 al 1983, con tre salvezze all’attivo. Dopo una sequela di vicende legate anche all’ambito giudiziario (conclusesi con l’assoluzione del commendatore), Sibilia tornò sulla scena calcistica a furor di popolo nel ’94. Il suo terzo avvento al timone del sodalizio biancoverde segnò il cambio di passo. Fu infatti subito promozione in Serie B ai play-off con il Gualdo, ma anche l’unica gioia dell’ultima parentesi calcistica. Nel ’99 infatti Sibilia uscì una volta per tutte di scena per far spazio alla famiglia Pugliese, spalleggiata dall’allora patron della Salernitana Aniello Aliberti.

Ritiratosi a vita privata nella sua Mercogliano, Antonio Sibilia non ha mai smesso di seguire le vicende del suo amato lupo, lanciando spesso e volentieri stilettate alla gestione da parte delle proprietà che lo hanno succeduto negli anni Duemila. In tanti anni di calcio, ha lanciato calciatori del calibro di De Napoli, Tacconi, Juary, Favero e Vignola. Scomparso alla soglia dei 94 anni, lascia in eredità all’Irpinia un’icona che ha fatto discutere tutta Italia per il suo modo singolare di intendere il calcio. Un’intera provincia piange un pezzo della sua storia.

(di Antonio Pirolo e Claudio De Vito)

Di seguito il ricordo del giornalista Gianni Porcelli e del presidente del CONI Giuseppe Saviano

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