Truffa ecobonus, ecco perché il Riesame ha annullato i sequestri per indebite compensazioni

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AVELLINO- “Non emergono dagli atti di indagine, né sono stati evidenziati nel provvedimento impugnato, concreti elementi dai quali al contrario dedurre la consapevolezza da parte dei cessionari circa l’ inesistenza dei crediti stessi, pure acclarata”. E’ per questo che i giudici del Tribunale del Riesame per le misure reali di Avellino (in questo caso il collegio presieduto dal giudice Gian Piero Scarlato) ha annullato gran parte dei sequestri disposti nell’ambito della maxi inchiesta sulla truffa degli ecobonus nei confronti dei terzi cessionari, ovvero le società e le persone che hanno acquistato, anche a somme inferiori rispetto alla loro consistenza, i crediti generati dalla maxi truffa da un miliardo e mezzo di euro scoperta dai militari del Gruppo della Guardia di Finanza di Avellino, dai militari del Nucleo Pef di Napoli coordinati dal sostituto procuratore Luigi Iglio. Le società avrebbero ciascuna autonomamente, acquistato i crediti di imposta inesistenti, utilizzandoli in modo indebito per compensare i propri debiti fiscali, tributari e previdenziali, tutti superiori ai cinquantamila euro, per una somma totale di 16.213,667 euro. Somme per cui il 22 ottobre scorso era stato notificato un sequestro da parte dei militari delle Fiamme Gialle dopo che la Procura (le indagini sono coordinate dal pm Luigi Iglio) aveva ottenuto un decreto di sequestro per equivalente. Segmento per cui ci sono stati annullamenti da parte dei giudici del Riesame e anche revoche prima della discussione da parte della stessa Procura. Nella premessa di una delle ordinanza di annullamento dei sequestri scrivono i giudici: “che l’ inesistenza del credito non possa costituire di per sé un indice.rivelatore della coscienza e volontà del contribuente di bilanciare i propri debiti verso l’erario con una posta creditoria artificiosamente creata, qualora tale credito non sia stato generato dal medesimo contribuente che lo eccepisca in compensazione (arg. ex Cass. Pen., IlI scz., 16.11.2022 n. 45558)”. E aggiungendo anche che: ” a fronte del principio di prova offetto da parte ricorrente circa le verifiche effettuate in ordine alla regolarità dei crediti acquistati e quindi portati in compensazione, non emergono dagli atti di indagine, né sono stati evidenziati nel provvedimento impugnato, concreti elementi dai quali al contrario dedurre la consapevolezza da parte dei cessionari circa l’ inesistenza dei crediti stessi, pure acclarata; esclusa pertanto la sussistenza, in capo a parte ricorrente, del fumus della.contestazione posta a base, per quanto di pertinenza, del censurato sequestro”.