Torna il “Festival della Poesia del Mediterraneo” ad Ariano e Nusco

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Ritorna il “Festival della Poesia dei Paesi del Mediterraneo” – organizzato dal Centro di documentazione sulla Poesia del Sud – il 21 maggio, con due importanti convegni, che si svolgeranno ad Ariano Irpino e Nusco.
Sabato 21 maggio, ore 10.30, presso il Liceo “Guido Dorso” di Ariano Irpino, si terrà il Convegno “Giacomo Leopardi e i costumi degli Italiani”.
Intervengono:
Prof. Francesco Caloia, Dirigente scolastico del Liceo “Dorso” I componenti del Centro di Documentazione sulla Poesia del Sud: Alessandro Di Napoli, Giuseppe Iuliano, Nicola Prebenna, Paolo Saggese

Relaziona: Giuseppe Panella, docente di filosofia estetica presso la Scuola Normale Superiore di Pisa

Il pomeriggio del 21, a Nusco, ore 17.00, presso il Palazzo di Città, sarà la volta del Convegno “Albert Camus e l’Algeria”, ospiti d’eccezione Giuseppe Panella, docente di filosofia estetica presso la Scuola Normale Superiore di Pisa, e Hamza Zirem, poeta e profugo algerino. Intervengono:
Giuseppe De Mita, Sindaco di Nusco
Fiorella Delli Gatti, Assessore alla cultura
Carmelo Sichinolfi

Introduce:
Piera Iuliano

Moderano: Giuseppe Iuliano e Paolo Saggese, CDPS.
Qui di seguito, si riporta uno stralcio dell’introduzione della giovane studentessa Piera Iuliano: Donne D’Algeri Nei Loro Appartamenti – Assia Djebar di Piera Iuliano
Il mio intervento si incentra principalmente sulla condizione delle donne algerine, attraverso la lettura di “Donne D’Algeri nei loro Appartamenti” di Assia Djebar, pseudonimo dell’autrice per Fatima-Zohra Imalayen (Cherchell, 30 giugno 1936) scrittrice, regista e femminista algerina. Considerata una dei più influenti scrittori nordafricani, è stata la prima autrice del Maghreb a essere ammessa all’Académie Française (il 16 giugno 2005). L’autrice nelle sue novelle utilizza come punto di partenza il quadro storico del suo popolo e le lotte per l’ indipendenza, per arrivare a focalizzare il ruolo, la partecipazione e la condizione femminile all’interno di una società repressiva e coercitiva. Il titolo italiano si rifà a un famoso dipinto di De Lacroix “Donne d’Algeri nei loro appartamenti” del 1834 ( olio su tela, Parigi, Louvre).
Il percorso segnato dall’autrice attraverso il testo è dedicato all’ascolto di conversazioni ridotte in frammenti e ricomposte dalla memoria, storie fittizie, volti e sussurri di un immaginario vicino. Racconti raccolti in arabo, ma in che arabo? Nell’arabo delle donne, che potremmo definire un arabo sotterraneo. Quell’arabo indice di una cultura subalterna, che emerge tra il mondo francese e il mondo arabo, tra il mondo maschile e quello femminile, ma anche tra una modernità imposta e una libertà desiderata. Come scrive la stessa autrice nell’Introduzione : “La costrizione del velo calato sui corpi e sui rumori rende rarefatto persino l’ossigeno dei personaggi fittizi. Non appena essi si avvicinano al momento della verità, si trovano di nuovo la caviglia incatenata a causa delle proibizioni sessuali vigenti nel mondo reale.” E ancora: “ Non la pretesa di parlare – per conto di – , o peggio di – parlare di – , ma l’impegno a parlare – vicino a – e se possibile – contro di – , è il primo gesto di solidarietà che devono compiere le donne arabe che ottengono o conquistano la libertà di movimento per il corpo e per lo spirito; senza dimenticare che quelle incarcerate – di tutte le età e di tutte le condizioni- hanno corpi prigionieri ma anime più che mai in movimento.”
Il libro è diviso in tre parti “Oggi” “Ieri” “Postfazione” con struttura episodica. La condizione in cui vive la donna ci appare lampante già dalle prime pagine del racconto. Leggiamo ad esempio riguardo alla libertà delle donne, alle quali era concesso di uscire di casa per un solo giorno a settimana, e solo per andare al bagno turco: “ <>, interviene la sconosciuta citando la sua fonte, un quotidiano in lingua nazionale che il figlio decenne le legge ogni giorno, << alcune donne, contadine, hanno distrutto i rubinetti di casa per poter andare ogni giorno alla fontana!... Quando si dice l’ignoranza!>> <>, corresse Baya che usciva dalla stanza calda. E ancora << Che cosa potrei distruggere dentro, o in mancanza d’altro, fuori di me, per ritrovare le altre? Ritrovare l’acqua corrente che canta e si perde, che ci libera tutte poco a poco>>. Sarah si astrae. <>” Così, il bagno turco si trasforma in un luogo di confessioni, in cui le donne, anche solo guardando negli occhi delle altre, possono esprimere il loro dolore e trovare quello spiraglio di libertà tanto desiderata. Ma questo non basta, parlare infatti, pronunciare ad alta voce quelle parole dolorose, renderebbe la loro sofferenza concreta, e anche espiabile. L’unico sollievo è dato dunque dal dialogo con le altre donne, donne con cui condividono lo stesso dolore, le stesse lacrime.

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