Pasquale Manganiello – “Scegliete la vita. Scegliete Facebook, Twitter, Instagram, e sperate che a qualcuno da qualche parte freghi qualcosa. Scegliete di cercare vecchie fiamme, desiderando di aver agito diversamente. E scegliete di osservare la storia che si ripete. Scegliete il futuro. Scegliete i reality show, lo sputtanamento, e la diffusione dei porno. Scegliete un contratto a zero ore, un tragitto casa-lavoro di due ore e lo stesso per i vostri figli, e alleviate il dolore con una dose sconosciuta di una droga sconosciuta fatta nella cucina di qualcuno. E poi, fate un respiro profondo. Siete dei tossici? Allora fatevi! Ma fatevi di qualcos’altro. Scegliete le persone che amate. Scegliete il futuro. Scegliete la vita.”
Questa è solo una parte del monologo che Mark Renton (Ewan Mc Gregor) recita davanti ad una bellissima prostituta bulgara e lo fa come se il tempo non fosse mai passato, come se tutto quello vissuto vent’anni prima racchiudesse il senso di tutta la sua esistenza.
T2: Trainspotting vive di ricordi, rimorsi e rimpianti: il tema elegiaco è presente in ogni respiro del film, la trama quasi non esiste, è tutto un continuo ping pong col passato in un gioco di rimandi ad esperienze, fotografie, immagini proiettate sullo schermo attraverso continui salti temporali.
Danny Boyle non poteva fare diversamente: l’anima di Traispotting è in quelle corse stralunate dopo un furto, in quegli aghi unti e glaciali, in quegli errori ed in quelle tragedie, in quei tradimenti, in quelle rinascite.
Un capolavoro non si ripete, questo è certo come gli acuti di rabbia di Bergbie.
Il regista non si è sottratto alla tentazione del revival: Renton e Sick Boy scomodano Best passando una giornata a vedere su YouTube i filmati di vecchie partite, ritrovandosi alla fine a giocare a biliardino con le maglie vintage del Manchester United e dell’Hibernians.
Persino Francis ‘Franco’ Begbie trova il momento per rimpiangere musi spaccati, ossa rotte, bicchieroni di birra lanciati nel vuoto tra la gente.
Il personaggio principale, stavolta, è Spud: tutto ruota intorno alla sua dipendenza da eroina ed al suo desiderio di riemergere e ritrovare la “famiglia”.
Molti all’uscita dalla sala avranno pensato “aridatece er primo” come ogni buon sequel che si rispetti. Ma di fatto non ci si poteva aspettare molto di più; il film è dinamico, non è decontestualizzato: certo, la trama è quasi inesistente, sono presenti innumerevoli forzature per tentare di reggere il gran casino di questa Edimburgo scanzonata ma vogliamo parlare un attimo della colonna sonora? Godetevela, se potete.
Un ultimo appunto sull’effetto Trainspotting: tornato a casa, nella mia camera da letto, non ho potuto fare altro che mettere le cuffie, ascoltare “Lust for Life” e chiudere gli occhi…muovermi. Come tanti anni fa.