Fu colpita da un’epatite post trasfusionale provocata da sangue infetto che al termine di una banale operazione gli era stato trasfuso all’interno di un nosocomio avellinese. Per M.S, una sessantenne di Avellino, oltre ad un lungo calvario, quello cagionato dai postumi di quella trasfusione, che gli hanno provocato una grave patologia, la cirrosi epatica, anche un’altra sfida. Quella per farsi riconoscere dal Ministero della Salute i danni ed un giusto risarcimento per quell’errore che le ha rovinato la vita. Un braccio di ferro durato anni. Dal 2000, quando la donna fu sottoposta ad un primo ricovero, dove venne conclamata la patologia epatica, fino a pochi giorni fa, quando il Tribunale del Lavoro di Avellino, magistrato Ciro Luce, ha accolto le ragioni della ricorrente. Una lunga battaglia giudiziaria, quella avviata dalla donna, che aveva avuto una doccia fredda, quando qualche mese fa la Commissione Medica del Dipartimento Militare di medicina legale di Caserta aveva ritenuto che la domanda era da ritenersi non tempestiva, con consequenziale perdita di ogni speranza da parte della malcapitata paziente di vedersi riconosciuto l’indennizzo previsto dalla legge, quella del 1990. Speranze finite per M.S., che comunque non si è arresa. Anche grazie al lavoro dei suoi legali, Teresa Santillo, Giulia Santillo e Antonio Iannacone, che hanno patrocinato l’udienza che si è svolta davanti al Tribunale del Lavoro e della Previdenza. I tre legali, nel 2010 avevano presentato la denuncia e avevano chiamato in causa il Ministero. Anche perché solo due anni prima la signora M.S aveva scoperto che la grave patologia di cui era affetta, era cagionata da una trasfusione infetta, quella appunto avvenuta 25 anni prima. Dopo aver stabilito che la signora poteva essere indennizzata e quindi avrebbe potuto inoltrare la sua richiesta di danni al Ministero, che si è costituito anche in giudizio, partecipando alla lunga istruttoria che è durata ben due anni, quella davanti al magistrato del Lavoro e della Previdenza Ciro Luce. Alla fine i legali della signora M.S l’hanno spuntata. Con la sentenza 1431/2012, infatti, il Tribunale di Avellino ha accolto con formula piena la tesi degli avvocati della ricorrente, sancendo il principio secondo cui: «in presenza di epatite post trasfusionale verificatasi prima delle modifiche introdotte dalla legge 283/97 la domanda è proponibile nell’ordinario termine della prescrizione decennale, a decorrere dal momento in cui l’avente diritto ha avuto conoscenza del danno». Un epilogo che ha del clamoroso, anche perché ora, dopo aver ottenuto il risarcimento, che consisterà in un vitalizio pensionistico,la donna potrà anche chiedere un ulteriore risarcimento danni al Ministero della Salute. Quello che comunque non è facilmente definibile, anche perché considerata l’entità del danno, potrebbe chiedere almeno fino ad un milione di euro. Una battaglia vinta, a metà, purtroppo. Perché la vera sfida della signora M.S è quella contro la malattia che ha contratto per una banale operazione. Quella dove nel suo corpo era stato trasfuso sangue infetto. Per i legali, gli avvocati Giulia e Teresa Santillo e Antonio Iannaccone, si prepara invece il round finale, quello per ottenere il risarcimento.
Redazione Irpinia
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