Cinque Sì al Referendum dell’8 e 9 giugno. Questo il messaggio dell’incontro tenutosi ieri pomeriggio, dalle 18:30, presso la sede dello SPI-CGIL di Avellino, in Viale Italia.
A introdurre l’iniziativa, Roberto Montefusco, che ha ringraziato la CGIL per aver consentito che al centro del dibattito pubblico tornassero il tema del lavoro e della cittadinanza: “In tutta la provincia le iniziative si stanno moltiplicando. Il referendum sulla cittadinanza, va ribadito, non riguarda il fenomeno migratorio. Si tratta di conquistare uno spazio di libertà e di democrazia. Chi invita a non andare a votare, disattende un principio democratico sancito dalla Costituzione”.
Sara Zeccardo, del Dipartimento Lavoro di Sinistra Italiana Avellino legge un lungo elenco delle cosiddette “morti bianche”, uomini e donne che hanno perso la vita sul posto di lavoro: ultima, a Venezia, una studentessa di 17 anni che svolgeva l’attività di traduttrice su un catamarano.
A seguire, Francesca Fabrizio dell’Unione Giovani di Sinistra di Avellino, esprime la soddisfazione di essere riusciti, a livello nazionale, nell’ottenimento del “voto fuorisede” per studenti e lavoratori impossibilitati a “tornare a casa per recarsi alle urne”.
Italia D’Acierno, Segretaria Generale della CGIL di Avellino, spiega dei corsi di formazione indetti dal sindacato per poter approcciarsi al meglio alla campagna referendaria. “Qualche responsabilità sulla situazione attuale l’abbiamo anche noi. Ci è sfuggito tanto e oggi dobbiamo riprendere e rimettere tutto in discussione. Fuori da queste finestre, ma anche dentro, c’è tanto lavoro sommerso, tanto lavoro precario. Chi sta qui è già convinto, bisogna convincere chi è fuori”.
Tanti gli interventi che si sono succeduti nel corso dell’incontro: Adriana Guerriero, vicesegretaria provinciale del PD Irpinia, ha spiegato che “i quesiti non sono “troppo tecnici”, ma parlano a chi soffre il precariato in prima persona”; Luca Cioffi, vicepresidente dell’ARCI Avellino, si è focalizzato sull’aspetto che riguarda cittadinanza, ovvero sul referendum abrogativo che propone di dimezzare da 10 a 5 anni i tempi di residenza legale in Italia per la richiesta di concessione della cittadinanza italiana, ripristinando un requisito introdotto nel 1865 e rimasto invariato fino al 1992: “questa modifica costituirebbe una conquista decisiva per circa 2 milioni e 500mila cittadine e cittadini di origine straniera che nel nostro Paese nascono, crescono, abitano, studiano e lavorano. Allineiamo l’Italia ai maggiori Paesi Europei, che hanno già compreso come promuovere diritti, tutele e opportunità garantisca ricchezza e crescita per l’intero Paese”.
“L’Italia è una Repubblica democratica – afferma Vincenzo Ciampi, Consigliere regionale M5S – e il fatto che alcune forze politiche al Governo non appoggino i Referendum invitando al non voto è grave. Strano che anche nel mondo sindacale ci sia chi non intende andare a votare. Io credo sia difficile raggiungere il quorum, ma in ballo c’è la dignità delle persone. È anche una battaglia culturale perché su questo referendum si scontrano due teorie di politica economica. Dobbiamo capire se siamo schiavi di questo neoliberismo imperante o se vogliamo invertire la rotta. Paradossalmente, l’intervento di La Russa, la sua uscita infelice, ci ha dato la possibilità di parlare dei Referendum, lasciati nel silenzio più totale”.
“Per il governo, la partecipazione politica attiva è qualcosa di cui disfarsi. – prosegue Arturo Bonito del PRC Irpinia – In Italia si muore sul lavoro una, due, tre e quattro volte: la prima quando muori, la seconda quando dicono che è colpa tua, la terza quando non gliene frega niente, la quarta quando ti accorgi che sei morto invano. Io aggiungerei una quinta, quando si resterà silenzio anche durante questa consultazione. Nel 2024 sono morte 1090 persone sul posto di lavoro e oggi siamo già oltre le 210. Le misure di sicurezza sono un costo che viene tagliato dalle misure di subappalto”.
Tra gli interventi conclusivi, che hanno ribadito l’importanza del voto referendario, anche Generoso Picone dell’Associazione “Controvento” e Luigi Tuccia di Europa Verde.
Infine, Federico Martelloni, giuslavorista e Responsabile Nazionale Lavoro di Sinistra Italiana: “Votare Sì serve a combattere la precarietà: una trappola e, sempre più spesso, un vero e proprio incubo, specie per le giovani generazioni. Votando Sì potremo riaffermare un principio di civiltà: ogni assunzione temporanea – sia a termine che tramite agenzia – dovrà essere giustificata da un’esigenza temporanea. Come è normale che sia in Europa, dove il lavoro stabile, quello a tempo indeterminato è “la forma comune dei rapporti di lavoro”. Esattamente cinquantacinque anni fa entrava in vigore lo Statuto dei Lavoratori. Quella legge fu salutata come la legge delle due cittadinanze, che da un lato consentiva al sindacato che fino a quel momento era rimasto fuori dai luoghi di lavoro di entrarci, e dall’altra le persone, anche lavoratori e lavoratrici subordinati, come aveva auspicato Giuseppe Di Vittorio qualche anno prima, potevano essere cittadini varcati i cancelli di quelle fabbriche, che prima erano autentiche caserme. L’articolo 18 è stata una norma simbolo di quella legge. Non si tratta solo di continuità di lavoro e di reddito, ma innanzitutto di un diritto di libertà, perchè non è possibile sentirsi liberi, durante il lavoro, di rifiutare una mansione pericolosa o dequalificante, di organizzarsi collettivamente con i propri compagni e le proprie compagne di lavoro, di esercitare il diritto di sciopero se qualcuno il giorno dopo ti può licenziare senza un rimedio efficace contro quell’abuso”.
“Prendiamoci il tempo di spiegare la posta in gioco con questi Referendum. – ha concluso Martelloni – Se La Russa dice di non andare a votare vuol dire che ha paura di quel voto, allora bisogna votare l’8 e il 9 giugno, per regalargli il 10 mattina un grande incubo, ma soprattutto per avere una nuova legislazione del lavoro e un dimezzamento dei tempi per ottenere la cittadinanza italiana, introducendo un principio di civiltà. E avremo anche il peggior Governo della nostra storia in crisi, che non mi parrebbe una cattiva notizia”.