AVELLINO- Pubblichiamo, aderendo alla cortese richiesta del penalista Luigi Petrillo, difensore dell’imputato Gianluca Festa, una nota relativa alla riflessione che abbiamo proposto qualche giorno fa sugli sviluppi della vicenda giudiziaria legata al procedimento denominato “Dolce Vita”, insieme alla nostra replica alla stessa: “…. ho sempre ritenuto i(l) cronisti(a) giudiziari(o) della Sua testata i(l) più preparati(o) ed attenti(o) tra quelli, ormai, pochissimi, che inseguono le notizie nei corridoi e nelle aule di giustizia del nostro tribunale e raccontano laicamente dei processi, delle condanne e delle assoluzioni, invece che pascersi da casa delle veline sapientemente distribuite da chi ha interesse a che certe notizie vengano date in un certo modo o non escano affatto. Tuttavia, da quando è sul proscenio il cd. ”processo Dolce vita”, noto con dispiacere che al Vostro tradizionale approccio distaccato, tipico della stampa
liberale se ne è avvicendato un altro: moralistico, quando non manicheo,
schierato, quando non partigiano e, da ultimo, addirittura irridente, quando non
offensivo. Nei confronti di chi? Di un imputato che è stato costretto agli arresti domiciliari per 154 giorni, per poi apprendere dalla Corte di Cassazione, ovvero il massimo organo dell’italica giurisdizione, che non doveva farsene nemmeno uno. Di un imputato che è stato costretto al silenzio per quasi sei mesi, mentre fuori, ogni giorno, venivano abusivamente pubblicati fotogrammi e brandelli di frasi che ancor oggi non è detto siano stati carpiti legittimamente né che significassero ciò che si è fatto sembrare. Di un imputato cui è stato addirittura negato di ricevere i conforti religiosi nel momento più drammatico della sua detenzione. Di un imputato che oggi non chiede altro di essere processato dal suo giudice naturale. E nei confronti del suo difensore, cui oggi ritorna in mente, a proposito di populismo giudiziario, ciò che accadde l’ 8 giugno dello scorso anno e che vale la pena ricordare alla libera stampa. L’ indagato aveva chiesto di andare a votare, alle 7 del mattino di domenica, per evitare di essere commentato e giudicato anche quando esercitava un suo sacrosanto diritto; ma trovò i giornalisti schierati davanti al suo seggio, armati di telecamere e telefoni, alle 7.01. Pensai, allora, con grande “disappunto” a chi aveva comunicato alla “stampa” l’ ora ed il luogo in cui lui si sarebbe recato al seggio, per immortalare il reprobo, cui era stato concesso di uscire dalla cattività, e mi dissi che è davvero
messo male quello Stato in cui “capitano” queste cose a chi deve considerarsi innocente sino a sentenza passata in giudicato. Lo stesso disappunto che mi ha colto ieri quando ho visto le sue colonne telematiche ospitare un esercizio dietrologico sommario e poco brillante a commento della scelta – forse solo – coraggiosa di quel cittadino di farsi processare subito ed a biasimo dell’ auspicio difensivo di riuscire a dimostrare la sua innocenza: un improprio e paralogistico sindacato sulla legittima decisione di rinunziare all’ udienza preliminare, che il codice considera una garanzia dell’ imputato; una censura, questa sì, stonata dell’ essersi affidato da subito al giudizio “sereno ed imparziale” del Tribunale. Che curioso paese è questo nel quale il politico che incappa nelle maglie della giustizia sbaglia sempre a comportarsi, sia che scelga di farsi processare senza indugio, sia che tenti di sottrarsi ai giudici. Meno male che c’ è la stampa a.ricordarci questa stranezza, che, forse, ha a che fare proprio con il populismo giudiziario. Caro Direttore, so che è assai difficile nel liquido tempo che è il nostro che ciascuno si limiti a fare al meglio il proprio mestiere: secondo me, però, si starebbe meglio tutti. Cordialità.
Avv. Luigi Petrillo
La nostra risposta all’avvocato Petrillo
Debbo confessare che la nota inviataci dall’ avvocato Luigi Petrillo, come sempre ci ristora con la lingua italiana, per la raffinatezza dello scritto che appartiene come ho sempre sostenuto su queste colonne ad uno dei migliori penalisti che il foro di Avellino può annoverare. Una considerazione che ha sempre connotato ogni intervento relativo al procedimento denominato “Dolce Vita”. Che riconfermo, perché non sara’ certo una nota a farmi cambiare l’idea sul professionista. Può capitare pero’ anche ai migliori pero’ di confondere una riflessione che non aveva e non ha alcuna volontà di deridere, offendere o irridere alcuno, con degli interrogativi, bollandola come una ideazione dietrologica e paralogistica. Puo’ starci pure poco brillante, nessuno e’ luce a se’ stesso. Possiamo rassicurare che non abbiamo operato nessuna dietrologia. Ci siamo semplicemente limitati a fare delle domande. Ci siamo posti degli interrogativi. E su questo posso assicurare che nelle parole e nella riflessione sulla vicenda giudiziaria, sin dal primo giorno non c’è mai stata quella che i tedeschi definiscono la “shadenfreude”, il piacere di ridere sulle disgrazie altrui. Non è nell’indole di un cristiano rallegrarsi e ridere nel desco del dolore altrui. Piuttosto ci dovremmo interrogare su chi ha annunciato irrisione e derisione nei confronti dei suoi nemici, chi ha paventato l’ascolto in Piazza di intercettazioni, ha irriso magistrati, ha auspicato un confronto pubblico in piazza, non davanti al giudice naturale. Non sarà difficile scoprirlo. Fatta questa premessa e per non tediare troppo con argomenti meno raffinati della nota a cui si riferiscono i lettori, giova perimetrare anche il contesto e lo scritto a cui si fa riferimento. Una riflessione e una domanda non può mai essere neutra totalmente e se ne faccia una ragione l’avvocato Petrillo, non lo sarà mai. Non si può confondere la cronaca dei fatti, in cui non c’è mai stata una condanna a priori di alcuno, con la critica a quelle che sono state fin dal marzo del 2024 le intemperanze del suo assistito. Sono due profili diversi. Venendo alla nota sul “populismo giudiziario”, fatta salva la premessa ed escluso ogni intento di soddisfazione cinica e gioia maligna sia nei confronti dell’imputato Festa che dell’avvocato Petrillo, preme puntualizzare due cose. La prima. Non è mai stata sindacata, altrimenti le lusinghiere parole sulla competenza che aprono la nota dell’avvocato Petrillo sarebbero del tutto infondate, la piena facolta’ e legittima prerogativa di Gianluca Festa di scegliere il giudizio immediato. Sia chiaro che non avrei mai potuto sindacare una garanzia per l’imputato che ha anche dei precedenti nella storia giudiziaria del Tribunale di Avellino. Quella che e’ stata evidenziata e riconfermo pienamente e’ la sovrapposizione tra una legittima scelta giudiziaria e la concomitante scelta di una candidatura. In tutta questa vicenda, anche se non lo ammettera’ mai l’ avvocato Petrillo, il confine tra vicenda politica e vicenda giudiziaria e’ stato sempre labilissimo. La necessita’ di salvaguardare il profilo politico e pubblico spesso sembra a chi scrive avere il sopravvento su quella di condurre semplicemente un processo. Questa concomitante scelta di annunciare la candidatura alle Regionali contestualmente alla scelta di comunicare di bypassare l’udienza preliminare, hanno indotto in noi una riflessione, che nulla a che vedere con intenti offensivi, derisori, manichei o altro. Era una domanda, una perplessità, una semplice riflessione. Sulla quale nella sua nota non sembra esserci riferimento. Apprezziamo le belle parole, anche l’invito a poter far meglio il nostro mestiere. Penso che su questo profilo le risposte possono arrivare dai lettori, perché noi non abbiamo fatto altro che quello. A tale proposito, quello cioe’ di fare il proprio mestiere, riteniamo di aver fatto proprio quello. Anche l’otto giugno del 2024, a cui fa si fa riferimento come l’emblema di questa caccia al reprobo. Del resto solo pochi giorni prima la stessa cosa era avvenuto per il voto in Liguria di Giovanni Toti, anche lui costretto ai domiciliari. Se quel servizio relativo a Festa avesse avuto una finalità di “gogna”, allora alla luce dei commenti e della solidarietà ancora consultabile online, sarebbe stata l’operazione più disastrosa del secolo. L’unica finalità era quella di cronaca. Le gogne e la caccia al reprobo la lasciamo ad altri. Nessuno per la verita’ ha agito con questo animo. Con la stima immutata di sempre e sperando di poter aver chiarito la vicenda. Attilio Ronga