Pelosi, il Gip archivia le accuse all’indagato: nessuna prova certa dell’omicidio

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SERINO- Nessuna prova certa da portare in giudizio che quella di Giovanni Pelosi fu una morte causata da terzi e un fatto violento. Questa la conclusione a cui è giunto il Gip del Tribunale di Avellino Marcello Rotondi, che ha accolto la richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura di Avellino nel marzo scorso nei confronti dell’unico indagato per questo presunto delitto, un cugino della stessa vittima, il settantenne Ottavio Pelosi, difeso dai penalisti Raffaele Tecce e Michela Pelosi. Il Gip non ha ritenuto, anche alla luce del lungo lasso di tempo trascorso, efficaci le indagini suppletive suggerite nella memoria di opposizione all’archiviazione presentata dai familiari della vittima, rappresentati dal penalista Nicola D’Archi. “Tuttavia- ha scritto il Gip nella sua ordinanza di archiviazione – occorre evidenziare che, al di là delle incongruenze nel narrato dei soggetti escussi, dalla complessa attività d’indagine non sono emersi elementi sufficienti per sostenere l’accusa in giudizio nei confronti di un soggetto determinato. Ciò in quanto, innanzitutto. non vi è certezza della commissione di reato, dal momento che le lesioni riportate dal defunto sono compatibili anche con una o più cadute accidentali, circostanza peraltro verosimile tenuto conto dello stato in cui lo stesso versava già la sera prima del decesso ed in relazione al quale hanno pacificamente riferito più persone.
In secondo luogo, pur ipotizzando come possibile la tesi alternativa – ritenuta altrettanto plausibile o addirittura ipoteticamente concomitante dal consulente nominato dal PM – dell’aggressione fisica, la stessa non è riconducibile ad un soggetto in particolare, ne’ all’odierno indagato”. Per questo motivo, ha concluso il magistrato: “non assumono carattere dirimente le indagini suppletive indicate dall’opponente, come gli accertamenti sui telefoni cellulari delle persone presenti a casa dell’indagato, che, tenuto conto anche del lasso temporale trascorso, non appaiono praticabili e non apporterebbero comunque alcun contributo utile alle indagini”. Nel dubbio dunque, non ci potrà essere un processo per omicidio.

IL FATTO

La vicenda giudiziaria parte notte tra il 2 e il 3 maggio 2021. Intorno alle 3:30 della notte la madre della vittima viene informata da una sua familiare del fatto che suo figlio si trovasse riverso a terra in. Via Ferrari. La donna allerta la figlia e in pochi minuti sono già sul posto. Purtroppo la segnalazione era vera. Li trovano Giovanni Pelosi con una grossa ferita alla testa, con le mani insanguinate e soprattutto con escoriazioni e ferite alle ginocchia e al sopracciglio. Scatta l’allarme al 118. Il ferito viene trasportato al Pronto Soccorso del Moscati, dove morira’ poche ore dopo, quasi alle 6:30 del 3 maggio 2021. Le indagini dei Carabinieri di Solofra erano scattate subito. Nel primo sopralluogo eseguiti dai militari si era appyrato che oltre alla grossa macchia di sangue nei pressi di una cabina Enel e del posto dove era stato trovato Pelosi in stato ormai di semi incoscienza erano presenti altre macchie nel percorso a ritroso, fino all’imbocco della scalinata, sessanta metri e poca distanza dall’abitazione di Ottavio Pelosi. Era lì che i Carabinieri avevano trovato un cappellino ancora sporco di sangue che Pelosi indossava, come raccontato anche da alcuni testimoni, la.sera della tragedia. Nella vicenda emergono i primi particolari e almeno due certezze. La prima. Giovanni Pelosi era uscito di casa intorno alle 19. A casa di Ottavio Pelosi sarebbe giunto intorno alle 22:30 e sarebbe andato via, come raccontato dallo stesso indagato in fase di escussione di testimoni informati sui fatti, intorno alle 23. Ma come è stato già spiegato in precedenza, il rinvenimento dell’uomo era avvenuto solo dopo le 3:30 della notte. Ma in particolare: quante persone erano presenti a casa di Pelosi quella sera? Il settantenne avrebbe sempre raccontato di essere stato solo con il suo familiare, che era in stato di alterazione dovuto all’alcol. E che per la preoccupazione aveva sollecitato la vittima a farsi accompagnare. Cosa rifiutata da Pelosi. Dopo la seconda rampa di scale aveva salutato il suo familiare e fatto rientro a casa. Una versione che non ha convinto gli inquirenti. Così la casa di Pelosi viene sequestrata e si cerca di capire il contesto e la dinamica del fatto. Le dichiarazioni di Pelosi non sarebbero veritiere. Ma le prove contro di lui non sono sufficienti per andare a processo, anche perché non è stato definitivamente chiarito se Giovanni Pelosi morì a causa di un trauma causato da corpi contundenti e quindi un fatto violento oppure invece da una rovinosa e mortale caduta lungo le scale.