Pasquale Manganiello – “Chi trase a Montefuscolo e po’ se n’esce po’ dì ca ’n’terra ’n’ata vota nasce”, ovvero “Chi entra a Montefusco e poi ne esce può dire che in Terra nasce di nuovo”. Un antico detto che però sintetizza a pieno quello che dovevano essere le punizioni esemplari che venivano imposte a chi suo malgrado era costretto a soggiornare nel temibile Carcere di Montefusco, che sin dal XIII secolo era ospitato nei sotterranei del Castello Normanno di questa cittadina in provincia di Avellino.
I primi sventurati ospiti dello carcere di Montefusco furono un gruppo di cinquanta prigionieri politici che giunse nel ripristinato “Spielberg d’Irpinia” la sera del 2 Febbraio 1852, tra costoro appunto Carlo Poerio, ex ministro di Ferdinando II, il barone Nicola Nisco e il duca Sigismondo Castromediano di Lecce. Dal barone Nisco sappiamo come languivano di stenti e di malattia i reclusi di Montefusco: “De Gennaro smarrì la ragione; furono emottici Tuzzo, Serafino, Sticco; finirono per etisia Antonio Ferraro, Alfonso Zeuli e Vincenzo Cavallo; morirono di colera Mellucci, Cimmino, Pannunzio, Gatto e Torquato; (…) al Poerio sopravvenne affanno pettorale (…)”. Ancora oggi una lapide li ricorda alla memoria del visitatore.
La storia non volle dimenticare le lacrime, il dolore, le vite offerte alla patria nelle tetre mura del carcere di Montefusco e nel 1928 lo “Spielberg d’Irpinia” divenne monumento nazionale.
Tra le tante leggende che riguardano il Carcere e le condizioni dei detenuti, si narra dei tentativi di costruzione di cunicoli sotterranei da parte dei prigionieri per riuscire a scappare dallo Spielberg d’Irpinia. Se ne contano almeno quattro a cui si va ad aggiungere quello scoperto stamane durante alcuni lavori di manutenzione in Via Carmine.
Il Duca Castromediano parlava di una corsia sotterranea rispetto all’ attuale piano terra in cui erano segregati i detenuti più feroci, una ricostruzione che fa pensare all’esistenza di un ulteriore piano inferiore da cui sarebbero partiti i cunicoli. Ad ampliare il raggio di questa ipotesi, nel periodo risorgimentale vi erano 52 detenuti nel carcere ma sui registri di morte di quegli anni c’è un numero ulteriore di deceduti non ufficialmente registrati.
Che sia solo una condotta idrica o un antico passaggio sotterraneo scavato a mani nude non è dato sapere, certo è che la leggenda non può non essere alimentata, proprio in virtù di una storiografia ampia su quello che fu un vero e proprio carcere di massima sicurezza dell’epoca. In realtà, così come confermano dall’ufficio tecnico del Comune di Montefusco, il cunicolo in questione non sarebbe altro che la raccolta delle acque bianche della strada provinciale SP42.
Il carcere di Montefusco è un monumento storico e Museo che, ogni anno, rende Montefusco attrattiva per numerosi visitatori, ben 18000 presenze stimate negli ultimi 4 anni con un boom registrato dall’anno della celebrazione del Centenario dell’Unità d’Italia.
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