Domenica 8 marzo al Ludovico VAN a Montemiletto in collaborazione con Naima e Bottega delle Arti si terrà la presentazione ufficiale e la proiezione in anteprima del videoclip di Donna di Kobane, inno al coraggio delle guerrigliere curde.
Massimo Vietri – Conosco da anni la storia del popolo Curdo, il popolo senza terra.
Un popolo che ha combattuto e combatte da sempre per affermare la propria autodeterminazione, in una battaglia impari contro eserciti ben più attrezzati sia militarmente che economicamente. Ma nonostante tutto resistono, non cedono, conservano la propria autonomia identitaria e culturale, alimentando in qualche misura un sogno di libertà e giustizia sociale ancora possibile.
Il sogno romantico che ancora Davide può sconfiggere Golia, non importa se Golia si chiami di volta in volta Saddam, Isis, Imperialismo Americano o Erdogan, loro sono lì, fieri, pronti a resistere sognando la propria terra.
Oggi l’organizzazione sociale del popolo Curdo del Rojava è un esempio di democrazia e partecipazione avanzatissimo, un esempio di inclusione e convivenza tra differenti etnie che l’attuale società occidentale, sempre più pervasa da egoismi e rapacità, letteralmente sogna.
L’esempio più bello, più rivoluzionario di tutto questo sono loro, le guerrigliere Curde.
In una regione del mondo, dove la figura della donna è spesso subalterna a quella dell’uomo, loro brillano come un raggio di sole accecante. Fiere e sorridenti, combattive e dolci, concrete e sognatrici allo stesso tempo.
Erano anni che volevo scrivere un brano sulle donne Curde e così circa tre anni fa ho scritto il testo e la musica di “Donna di Kobane”, un tenero tributo alla loro bellezza in senso generale.
Il brano inizialmente lo avevo pensato proprio come se fosse lei, la guerrigliera Curda, a parlare in prima persona poi, successivamente, per esigenze artistiche è stata inserita la figura del “narratore”.
Il narratore, che sono io ma che in qualche maniera rappresenta anche la società occidentale, racconta ed esprime la propria ammirazione ed il profondo rispetto per questa donna libera, allo stesso tempo ne riconosce la forza e la potenza sociale, contrapponendola alla propria debolezza “che combatti con i denti anche per noi che siamo spenti”.
Musicalmente il brano è stato riarrangiato dalla Lumanera, band Irpina di cui sono il fondatore. La parte narrativa ha una struttura intima, quasi minimale, per cambiare totalmente nella parte in cui è la “Donna di Kobane” a parlare in prima persona, descrivendo tragicamente vita, morte, amore e sofferenza della sua esistenza.
Potrebbe sembrare una forzatura, un’incoerenza, ma è stata immaginata pensando alla voglia di vivere e di amare di questa donna che, seppur guerrigliera, è una donna che ama, che sogna, che ha bisogno di quella “leggerezza” benefica dell’amore, della vita che si contrappone alla morte, consapevole e fiera del suo ruolo di protagonista nella storia.
Oggi le guerrigliere Curde, in qualche misura, incarnano romanticamente la figura delle brigantesse del periodo preunitario italiano. In questa affermazione non c’è alcuna retorica filo borbonica e la consapevolezza di accostare contesti storico economici completamente differenti. Ma in fondo nelle brigantesse colgo la stessa forza rivoluzionaria di essere donne “semplici e speciali”, donne fuori dagli schemi convenzionali, pronte a fare un gesto estremo per una causa. Entrambe però accomunate dall’accanimento tragico e vile del nemico al momento della cattura, un nemico sempre maschile ed impunito.