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Istat, Salari reali: -8,8% rispetto al 2021, il potere d’acquisto eroso dall’inflazione

Laura Perrone – In Italia, lavorare non significa sempre vivere dignitosamente. Per troppi giovani, il primo impiego arriva tardi, dopo anni di formazione e attesa e spesso ciò culmina in contratti instabili, part-time involontari o collaborazioni precarie. A frenare ulteriormente la crescita dei salari la stagnazione della produttività che, da anni, non mostra determinanti segnali di ripresa. Le imprese, in particolare quelle di piccole dimensioni, non riescono a sostenere aumenti retributivi senza mettere a rischio la propria sostenibilità; e se arrivano gli aumenti, essi sono assorbiti in molti casi, in toto, dall’inflazione.

Crisi salariale persistente: il dato ISTAT preoccupa

Secondo l’analisi condotta dall’’Istituto Nazionale di Statistica, a settembre 2025, le retribuzioni contrattuali in termini reali restano inferiori dell’8,8% rispetto ai livelli di gennaio 2021: l’inflazione ha superato gli aumenti contrattuali, erodendo il potere d’acquisto dei lavoratori. Inoltre, si attesta che 29 contratti collettivi siano in attesa di rinnovo, coinvolgendo circa 5,6 milioni di lavoratori, ossia il 43,1% del totale. Un dato che genera amarezza, considerando che il confronto concerne il “clou” della crisi Covid, dunque un periodo in cui l’economia è stata in recessione, il mondo del lavoro è stato pervaso da una fase di stallo e in Irpina, come nel resto del Paese, molte famiglie hanno vissuto una compressione del reddito, con effetti controproducenti sulla capacità di spesa e sulla fiducia nel futuro.

Le misure di contenimento, i lockdown e le incertezze economiche avevano congelato la dinamica salariale, le conseguenze?

-Settori come turismo, ristorazione e commercio erano in forte sofferenza;

-la cassa integrazione e il blocco dei licenziamenti proteggevano l’occupazione ma non incentivavano in alcun modo la crescita dei salari;

-i rinnovi contrattuali erano fermi e l’inflazione – seppur contenuta – già iniziava a compromettere il potere d’acquisto.

Il divario persiste nonostante i segnali di ripresa

A distanza di quasi cinque anni, lo scenario sembrerebbe migliorato: ma fino a che punto?
Ecco alcune percentuali esplicative:

-la retribuzione oraria media nei primi nove mesi del 2025 è cresciuta del 3,3% rispetto allo stesso periodo del 2024;

-l’indice delle retribuzioni contrattuali orarie è aumentato del 2,6% su base annua a settembre.

Quindi, il recupero non ha colmato il gap accumulato negli anni post-pandemici. Inoltre, le rilevazioni effettuate dall’ISTAT hanno evidenziato che il trend di crescita dei livelli retributivi nominali nel trimestre luglio – settembre 2025 ha subito una flessione rispetto al trimestre precedente, pur mantenendosi leggermente al di sopra del livello d’inflazione. Tuttavia, se da un lato il rallentamento della dinamica salariale nel settore industriale ha frenato la crescita complessiva, dall’altro la pubblica amministrazione ha mostrato un lieve miglioramento: ministeri (+7,2%), militari-difesa (+6,9%) e attività dei vigili del fuoco (+6,8%).

L’impatto sull’Irpinia

In Irpinia, dove il tessuto economico è composto dalle cosiddette “MPMI”, Micro Piccole e Medie Imprese, insieme ad imprese artigiane e al settore dei servizi, il ritardo nel rinnovo dei contratti collettivi e l’erosione salariale generano un impatto cruciale:

-la riduzione del potere d’acquisto delle famiglie con redditi fissi; – -l’instabilità contrattuale, che imperversa chiaramente sui lavoratori precari e sui giovani, neo-immessi nel mercato del lavoro.

In altre parole, il divario tra salari e costo della vita resta, inequivocabilmente, una delle principali preoccupazioni sociali.

Il quadro è eterogeneo:

•⁠ settore industriale: marcata decelerazione;

•⁠ ⁠servizi privati: sostanziale stabilità;

•⁠ ⁠pubblica amministrazione: lieve ripresa.

Il dato più significativo resta però il confronto con gennaio 2021: nonostante gli aumenti nominali, il potere d’acquisto reale non è ancora tornato ai livelli pre-Covid. È evidente quanto la crisi pandemica abbia generato un’impattante eredità per il mercato del lavoro, dato che le retribuzioni contrattuali (settembre 2025) sono ancora lontane dai livelli del 2021. Per il territorio irpino, questo significa continuare a fare i conti con una realtà economica che richiede – e, a parere di chi scrive, necessita – di politiche attive, investimenti e attenzione al lavoro contrattualizzato.

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