Irpinia – Qui si mangia bene, però…

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Avellino – Sono poche le cose per cui un irpino viene riconosciuto fuori provincia: il triste ricordo del sisma dell’ottanta, l’aver dato i natali ad alcuni eminenti uomini politici, le prodezze della squadra di basket, i fasti della serie A, e …il buon cibo. I tartufi e i funghi di Bagnoli Irpino, le castagne di Montella, le nocciole del “che mondo sarebbe senza Nutella”, le mozzarelle del Partenio e del Terminio, “o cupeto” di Dentecane e Ospedaletto, tutti i prodotti tipici dell’Irpinia, universalmente graditi per la loro genuinità. Eppure le cronache di fine e inizio anno ci consegnano un quadro drammaticamente preoccupante riguardo la sicurezza alimentare in provincia. Negli ultimi due mesi sono state decine le operazioni delle forze dell’ordine, coadiuvati dalle Asl, che hanno portato a sequestri di cibi mal confezionati, avariati, spesso scaduti da anni. Alimenti spesso consumati nei migliori ristoranti della zona, dove gli ignari clienti non possono controllare la provenienza, la scadenza, le modalità di conservazione dei prodotti che gli vengono serviti. Il tutto condito magari con un beffardo aumento dei prezzi che porta molte famiglie ad arrancare per arrivare dignitosamente alla fine del mese. Ha fatto bene Slow Food, l’associazione che da anni promuove, comunica e studia la cultura del cibo, a definire “criminali e individui senza scrupoli” tutti quei ristoratori che acquistano da altrettanto disonesti distributori prodotti scaduti. Delle vere e proprie truffe ai danni dei consumatori, ma soprattutto attentati alla salute pubblica in piena regola.
Di questo passo l’Irpinia e l’indotto della ristorazione potranno presto dimenticare le chilometriche code di auto per entrare nel serinese, gli ingorghi sull’Ofantina per andare al Laceno, quando la domenica centinaia di persone, in particolare provenienti dal napoletano, si riversano nei nostri paesi per mangiare un buon piatto di ravioli di ricotta con tartufo nero, o di “lagane e ceci”, il tutto magari annaffiato da un celebre Taurasi invecchiato o, magari in una bella trattoria casereccia, da un sempre verde “gnostro” paesano. Per la serie “in questa casa si mangia pane e veleno, anzi (di questo passo ndr) solo veleno”. Pertanto, un plauso alle Forze dell’Ordine, alle Asl e alle associazioni dei consumatori con l’invito da parte di tutti noi, ignari cittadini, a collaborare con chi di dovere per eliminare l’ennesima piaga del nostro amato territorio.( di Rossella Fierro)

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