Il coordinamento dell’indotto è costretto a rientrare ai box di partenza, con la consapevolezza di non essere riuscito né a contribuire alla soluzione della vertenza Irisbus né a dialogare con nessuno dei protagonisti. Cosa si è fatto in questi tre mesi? Tutti hanno dispensato solidarietà, hanno fatto proclami eclatanti, promesse di interessamento, emendamenti ma nessuna di queste mosse ha aperto uno spiraglio di soluzione per la vertenza Irisbus. In questo vortice di parole e pensieri inconcludenti, l’indotto vuole essere semplice e banale: la vicenda Irisbus è stato ed è un problema impostato e gestito male da tutti. Ciò è paradossale se si considera che la questione riguarda l’unica aziende tecnologicamente avanzata, con competenze produttive eccellenti e con un mercato in sviluppo (tra un anno). La Fiat ha deciso di chiudere l’Irisbus di Valle Ufita perché? Le motivazioni (ormai le sappiamo tutti, ma non sempre le ricordiamo) sono: la drastica riduzione delle gare pubbliche per scarsità di fondi pubblici, la forte concorrenza degli altri produttori europei, la mancanza di un piano nazionale per il trasporto pubblico, la crisi generale dell’Europa. Tutte motivazioni condivisibili da parte di un imprenditore. Ma come reagire a tutto ciò? La Fiat ha sempre detto: il mercato dell’Irisbus è la politica. E poi: il mercato e le gare di appalto si svolgono tutte a livello europeo. (e allora perché chiude Valle Ufita e non gli altri siti europei? Non certo per un problema di competitività). Sicuramente già dall’anno prossimo gli enti locali dovranno acquistare dei nuovi bus e si faranno delle gare europee. Quali aziende parteciperanno alle gare? Tutte le aziende europee tranne quella con sede in Italia e che assicura lavoro agli italiani? Occorre dialogare ed affrontare uno per uno i problemi, allo scopo di offrire, ognuno per le sue competenze specifiche, il proprio apporto; ad ogni attore va affidato il suo compito che, discusso ed approfondito ed in sinergia con quello degli altri, deve essere portato avanti con la coscienza e la consapevolezza di risolvere un problema di tutti (rif. proposta dell’indotto e crono programma, dove viene rappresentata la distribuzione delle competenze). Presentarsi ai tavoli istituzionali a mani vuote senza risposte e proposte, elemosinando la non chiusura dello stabilimento non è servito a nulla, come dimostrato dai fatti. Un errore strategico è stato anche la gestione della vicenda Di Risio. Perché rinunciare a 400 posti di lavoro? Si potevano offrire all’imprenditore molisano ben altre soluzioni di insediamento nel territorio irpino che certamente avrebbero di fatto risposto alle sue esigenze in modo più appropriato. Ma l’errore peggiore è stato quello di non aver voluto confrontarsi e discutere sulla proposta dell’indotto, che da due anni cerca di coinvolgere tutti a partire dalle Istituzioni, dai sindacati e dai politici nazionali, regionali e provinciali. L’informazione dell’indotto, seppure orfana degli appoggi organizzativi di categoria, ha raggiunto tutti ma quasi nessuno ha accettato un incontro o almeno di concedere all’indotto IRISBUS un commento, una risposta e, a volte, l’indotto ha avuto quasi il sentore di un boicottaggio e di essere trattato come un intruso in cerca di visibilità. L’unica eccezione resta, ad oggi, la risposta del segretario nazionale del PD Bersani, il quale, dopo aver letto la relazione dell’indotto, ha inviato una risposta di cinque pagine avendo come incipit la seguente frase: “Il PD sostiene la proposta dell’indotto per far uscire la IRISBUS dalla crisi”. Le imprese dell’indotto non sono degli antagonisti degli operai della IRISBUS né tantomeno fantocci in cerca di palcoscenico ma imprenditori seri, disposti ad offrire le loro capacità a tutti e che, proprio in quanto “esterni” alla questione ma “competenti” possono permettersi di “suggerire” a tutti ciò che è possibile fare. A titolo informativo, sia la Confindustria nazionale che i politici e i sindacati hanno manifestato l’intenzione di incontrare l’indotto, ma dopo 15 giorni tutto tace nel più completo religioso silenzio.
Questione – trattativa società cinese AMSIA.
Nei prossimi giorni ci sarà un primo incontro con la società cinese AMSIA. L’indotto ha sempre auspicato che la IRISBUS potesse continuare a produrre bus a Valle Ufita solo con il gruppo FIAT o con una società extra-europea e, allora, così come ha chiesto di interloquire con la Fiat, i sindacati ed il Governo nello scorso mese di luglio, chiede di essere ascoltato (visto che non riesce ad essere rappresentato) perché ritiene che, a chiunque fosse interessato al subentro alla IRISBUS è necessario porre tre semplici domande: 1) si progetteranno e costruiranno nuovi bus per il mercato nazionale ed europeo?; 2) la componentistica sarà prodotta dall’indotto italiano o verrà importata dalla Cina?; 3) Ci sarà il rispetto del contratto nazionale collettivo del lavoro? (visto che molti manager italiani lo trascurano). E’ possibile una soluzione tutta italiana che non si limiti solo alla salvaguardia dei posti di lavoro della IRISBUS, ma che abbia come obiettivi programmi di sviluppo a lunga scadenza e che nell’arco di due anni sia capace di soddisfare le necessità dei bus su tutto il territorio nazionale, e di conseguenza di incrementare l’occupazione, e, perché no, raddoppiarla rispetto a quella attuale. L’indotto è sempre disponibile in qualsiasi momento a confrontarsi, con tutti, sulla sua proposta alternativa (con o senza la Fiat) dal momento che, oggi, è l’unica soluzione esistente (ma non si sa neppure se è condivisa o no).