Il Pd che è stato e che sarà: le riflessioni “a freddo” di Salzarulo

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Lioni – “Con grande pacatezza, ma con altrettanta fermezza” il sindaco di Lioni, Rodolfo Salzarulo e delegato all’assemblea nazionale del Pd da il via ad un percorso di riflessione critica dell’esito del voto. “Poi – dice – sarà anche necessario “metabolizzare i dati” e procedere in una analisi seria dello stato del partito e delle prospettive da costruire. Vediamo qualche numero.

Queste le provinciali del 2009: PD 17,%, Lista collegata 3,7, totale 21%. Una catastrofe politica. Poco più confortante il dato delle europee: 23,8%. Quanto bastò per azzerare tutto il gruppo dirigente. Dicemmo, troppo timidamente, che il segretario avesse detto troppi “obbedisco”!

Vediamo i numeri di oggi. Il Pd ottiene il 21,2%. Per raggiungere il risultato delle europee 2009 si deve aggiungere il 2,8 della lista di De Luca. Dal canto suo la stessa lista collegata ha riportato una cifra addirittura inferiore a quella del presidente della provincia nel 2009! Che era veramente un risultato difficile da conseguire. Per ottenerlo occorreva semplicemente la cattiveria tipica dei “grandi della storia”: nessuno meglio di me! Qui, però, non si saprà mai di chi sia la responsabilità. Tutto coincidenze del fato!

Voglio, però, distinguere. E con questo dare inizio ad una analisi più occhiuta nei territori. Non dirò di Lioni, in cui De Luca ottiene 2092 voti pari al 57% e il Pd 1864 pari al 51,1%: il dato è, come quantità, poco significativo, oltre che segnato da candidatura locale. Allargherò lo sguardo al collegio provinciale di Lioni, che risponde a una cittadina di 15.000 abitanti, ed è rapportabile agli altri 29 collegi della provincia. Qui De Luca consegue il 52% e il PD il 40%. Allargherò ulteriormente la lente sul territorio del Piano sociale di Zona di Lioni, che è pari a una città di 66.000 abitanti, un po’ più del capoluogo. Qui De Luca consegue il 47% e il Pd ottiene il 28%. Con il presidente del Consorzio in mano alle destre, e le comunità montane di riferimento commissariate. Non ci sono sufficienti amministrazioni di riferimento del centro sinistra!

Nonostante tutto ci sono ben sette punti in più della media provinciale. E abbiamo dovuto, ancora una volta, chiudere la campagna elettorale come nel 2008, tanti amministratori sul palco del centro sociale di Lioni, dove si è impedito che parlasse il candidato De Luca, per non favorire una sola candidata! Con la grande soddisfazione di una sala stracolma! Noi di “Territori e Nuove Generazioni”, scegliemmo in modo responsabile, di sostenere la candidatura di Rosetta D’Amelio, per la contiguità del percorso congressuale, e per la più diretta possibilità di interlocuzione politica. Dentro una campagna elettorale destrutturata, la posizione della D’Amelio appariva la più conforme alla dimensione di Partito, anche nella proposta. Poi abbiamo dato prova di essere davvero presenti nei territori. Sarà necessario, nei giorni a venire, indagare i dati a fondo, lembo per lembo della provincia. Per capire cosa occorre fare per questo partito. Vediamo, a scopo terapeutico, cosa accadeva prima che i dati facessero la loro cruda apparizione. Il segretario Lengua, ufficializzava il proprio resoconto della “consultazione nei territori”, e metteva ai voti la lista dei cinque candidati: D’Amelio, Giordano, Grassi, Pennetta, Vittoria. Qualche minuto prima, nel gruppo consiliare PD della provincia veniva ufficializzata la presa di distanza dei consiglieri Salvatore Biazzo e Antonio Aufiero. Il capo gruppo non ne dava conto alla direzione: ne avrebbe turbato la serenità! La votazione si chiuse con 16 voti a favore, 5 contrari e 8 astenuti. Sarebbe stato opportuno discutere. Invece la “classe dirigente formale” andò avanti a muso duro!

Il segretario Lengua, all’insegna del “va tutto bene”, compose la lista di Cervinara e proclamò che il consigliere Filuccio Tangredi era, in modo non equivoco, dirigente del PD. Rammentiamo che lo stesso era stato forzatamente eletto, a scapito di Farina, presidente della commissione provinciale Lavori Pubblici, perché “ci sarebbero state le elezioni comunali a Cervinara” e, dunque, gli serviva il “ruolo di prestigio” per poterle vincere. Le cose sono andate, invece, come tutti sappiamo. Gli abbiamo consegnato un’arma più efficace perché potesse meglio colpirci? Ovviamente la colpa fu del consigliere Farina perché, essendosi egli collocato, nel percorso congressuale, con “Territori e Nuove Generazioni”, ha costretto la dirigenza, quella vera, a fare la nomina poco oculata! A partire dall’inizio dell’anno, esplodeva il nuovo decreto legge sui rifiuti: veniva ancora brandito dal governo il tema per mettere in difficoltà le amministrazioni locali con tassazione esosa e inefficienze provocate ad arte, ope legis! Il partito, sollecitato a più riprese di intervenire sulla questione con una capillare opera di informazione, che sarebbe valsa già l’avvio di una robusta campagna elettorale, non andava oltre la convocazione di un’assemblea di sindaci in via Tagliamento. I sindaci già conoscono le problematiche! E via Tagliamento è lontana dai cittadini! Poi, finalmente, è cominciata la campagna elettorale. Il senatore, accompagnato da uomini fidati e di esperienza lunga, ha composto la lista ufficiale. E il capo gruppo consiliare della provincia si è adoperato a comporre la lista del presidente. Perché non sfigurasse la lista del presidente delle passate provinciali? Pertanto tutto appariva disposto con il vincolo che fossimo forzatamente deboli. Purchè in mano del manovratore unico. Sopra tutto e sopra tutti. Forse siamo in presenza di una concezione proprietaria del partito: gestito da una componente che, scherzi a parte, ha il 45%. Tutto compreso!

Una campagna elettorale condotta da un partito che non è andato oltre alcune, poche e piccole, iniziative. Tutte rigorosamente avellinesi. Sono passati per la città il candidato Presidente, Vincenzo De Luca (tre volte), e altri big di partito come Franceschini, Marino, Veltroni, per non parlare delle frequentazioni di Amendola. Tutto questo senza che il Partito abbia avuto la concreta capacità di incidere come tale, di proporsi come collante e di proporre un progetto per l’Irpinia, che pure stava crescendo. Nessuno ha potuto mettere piede in Alta Irpinia. Singolare è che venne addirittura annunciata la presenza del Candidato alla presidenza, Vincenzo De Luca, a Lioni. Qui era stato prenotato il centro sociale per un appuntamento di zona. Poi l’incontro fu revocato dagli illustri esponenti avellinesi del comitato: la cosa avrebbe favorito una sola candidata! Quasi fosse “il nemico”. Proponemmo ai salernitani un incontro in qualsiasi altro Comune compreso tra Montella e Calitri. La scelta cadde su Materdomini di Caposele, logisticamente a cavallo delle due province. Fu prenotata la sala. Poi il Comitato avellinese optò per un nuovo incontro da tenersi nel capoluogo. E De Luca andò di nuovo ad Avellino.

In tutto è emersa una rappresentazione nella qualità di quello che già era dato nelle quantità: Avellino e provincia sono risultate irrilevanti nello scacchiere regionale. Questo è accaduto mentre i cinque candidati erano scagliati nell’agone come tori nell’arena, come mine vaganti in uno spazio senza politica, in un campo senza orizzonte: ciascuno nella sua solitudine. Senza un patrimonio di idee collettive, ognuno lodevolmente impegnato con il proprio, più o meno robusto, patrimonio di idee e di proposte, portato di esperienze e conoscenze personali, ma non vettori di spendibile patrimonio collettivo. Dunque una guerra di tutti contro tutti. E, in pratica, assenti i candidati della lista del presidente, che hanno prodotto lo sforzo “aggiuntivo”, come è ovvio in assenza del Partito, solo nella loro comunità. Nei fatti Pennetta ha raccolto i voti delle primarie dell’area franceschini, o poco più. Si spinge avanti con il contributo di Giordano. Vittoria raccoglie il dato delle primarie di Marino, o poco più. D’Amelio raddoppia i dati della sua area. Come dovevasi dimostrare. E’ stata violata la più semplice delle regole feudali sulle eredità: I beni e il titolo, indivisibili, vanno ad un solo erede. Qui si è voluto strafare. Si è cercato di spalmare l’eredità designando troppi eredi. L’esito è sotto gli occhi di tutti: ricchezza divisa è diventata miseria! Per gli ereditieri e per il Partito, che non ha cercato contributi aggiuntivi. Conservando la metafora, occorreva fare buoni matrimoni. In tutta la campagna elettorale non abbiamo visto un solo manifesto con il simbolo del Partito Democratico. Contro ogni logica politica e promozionale. “La ditta era assente mentre le maestranze cercavano di collocare il prodotto!”. Il 21 febbraio scorso, preannunciavo che il 31 marzo sarei stato ancora nel partito a pretendere il confronto vero. Una verifica del gruppo dirigente e del suo operato. Non a chiedere le dimissioni della segreteria: nel 2009 quel dimissionamento era servito a nascondere sotto il tappeto la montagna di polvere. Oggi occorre ben altro! E ben di più!

Abbiamo la necessità di indagare le carenze politiche e di strutturazione nei territori, costruire nuovi orizzonti per una classe dirigente reale in ogni angolo della provincia. Offrire opportunità e connessioni istituzionali per gli amministratori e fornire una visione unitaria e condivisa all’azione amministrativa. Affinché non ci si riduca agli sforzi dei singoli. Tutto più difficile nella situazione attuale in cui, dopo la Provincia, abbiamo consegnato alle destre anche la Regione. Per l’ottusa volontà di arroccamento dei pochi che avevano preso la Bastiglia del tesseramento il 21luglio scorso! Occorre fare in modo che i tentativi di dare risposte ai problemi non diventino un’inutile velleità soggettivistica ma concorso corale, progetto politico volto a dare risposte concrete alle comunità. Perché è questa, e cerchiamo di non dimenticarlo, la finalità unica della politica. Il Partito e le classi dirigenti ne sono strumenti. Tutto il resto è autoreferenziale, e misera, conservazione del potere o, come nella nostra condizione attuale, banale corsa a conseguire, o mantenere, benefici personali”.

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