A quale Sergio Nappi dobbiamo credere? Ora sorge il dubbio: all’agnellino, che da buon militante sparge pace e serenità rispetto all’ultimo comunicato in risposta ad Antonia Ruggiero, rimangiandosi quanto fatto fino a qualche ora prima (riferimento alle bordate politiche nei confronti del Pdl, dei vertici regionali, provinciali e chi più ne ha, più ne metta, fare la cronistoria ci costerebbe molto tempo ndr)oppure al leone, per certi versi impetuoso, mai domo, pronto a caricarsi il mondo addosso e a voler immaginare che il mondo ruota tutto intorno a sé? I lettori in queste ore si staranno facendo la croce con la mano storta. Perché siamo arrivati proprio al capolinea della politica. Come si fa ad assumere atteggiamenti ondivaghi, con una tale velocità inaudita? Non la prenderà bene Nappi, siamo consapevoli, ma in politica ci vuole la coerenza. Non solo nelle movenze ma soprattutto nei pensieri. Ha detto e si è contraddetto migliaia di volte. E ancora una volta l’ha dimostrato. Racconta che è sempre stato nel centrodestra, che ha concluso un percorso ben definito. La verità è un’altra. Ci faccia il piacere. I saltelli sono sempre stati il suo forte. Lì dobbiamo ricordare? Con astuzia e arguzia da buon democristiano si è sempre posizionato al punto giusto. Ha fiuto Nappi: parte con il Ccd del fratello-coltello Arturo Iannaccone, poi per il centrodestra c’è il declino e trova riparo sotto la Margherita nel centrosinistra. Non pare si sia tesserato ma la sua campagna elettorale da buon medico la conduce per Enzo De Luca candidato alle regionali. Declino centrosinistra, rinascita per Sergio Nappi. Si riavvicina al suo fratello-coltello Arturo Iannaccone (diventato nel contempo deputato Mpa) per le elezioni provinciali. E sigla un patto per spianarsi la strada alle regionali. Ottiene la candidatura, nel frattempo si vota alle provinciali dove sostiene il suo concittadino Del Mastro, lo fa eleggere, ma dopo poco chiede subito la testa. Siamo alle elezioni regionali e viene eletto con soli 5mila voti sotto l’insegna di Noi Sud. Nel frattempo la geografia dei piccoli partiti cambia alla velocità della luce, si raffredda di nuovo il rapporto col fratello-coltello Arturo Iannaccone. Questione di visibilità. Da qui ai giorni oggi, avvengono tanti stravolgimenti, nelle idee e nel posizionamento nei partiti sempre nell’orbita centrodestra. (Per non parlare di quante fatte nell’ambito comunale dove è stato consigliere-assessore e sindaco per oltre trent’anni). Si mette la maglietta di Grande Sud, ma è stretta, si mette la maglietta di Caldoro Presidente ma non gli basta. E ci chiediamo, come mai dopo tanto peregrinare solo ora si ricorda del Popolo della Libertà che era già vivo e vegeto dal 2009? Come mai con coerenza al suo pensiero non l’ha fatto tempo addietro? Motivi di opportunità, che ora con le prossime elezioni sono crollate: perché sgomitarsi in un grande partito si può sempre intercettare lo scontento, che nel Pdl non manca e semmai rifarsi a buoni propositi che risultano però ormai vecchi ai tanti.
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