Gigi Castaldo: un calciatore d’altri tempi. Campo e casa. Calcio e famiglia. Niente grilli per la testa, nessun comportamento sopra le righe. Un eroe (per i tifosi dell’Avellino Calcio) normale. Bomber del campionato di B, ma senza rimpianti per non esserci arrivato prima (ora di anni ne ha 32), malgrado le indubbie qualità.
La legittima ambizione di giocare (almeno una stagione) in A, ma senza fasciarsi la testa se la grande occasione non dovesse arrivare. Nato in Campania, dove ha quasi sempre giocato. Calcio infuocato, in tutti i sensi: tanta passione, che talvolta supera i limiti e sfocia in altro.
E’ Gigi Castaldo, l’uomo copertina del torneo cadetto.
Tanti gol, tanti soprannomi (Castaldovic, innanzitutto): mai pensato che avrebbe meritato di più dalla sua carriera?

Mai, davvero. Magari ci pensavo, senza alcuna presunzione sapevo di valere. Ma non ho rimpianti, sono contento di quanto fatto.
Passa per un calciatore tutto campo e famiglia: si sente lontano dal prototipo di calciatore moderno?
Non so, magari lo sono. Ma è questione di carattere: ognuno ha il suo. A me basta giocare al calcio ed avere vicino la mia famiglia. E qualche amico: come dico io, pochi ma buoni. Di più non potrei chiedere.
Il miglior amico?
Felice Evacuo, ex biancoverde, ma soprattutto mio ex compagno di squadra.
Una lunga carriera, tutta in Campania: scelta o caso?
Un po’ scelta e un po’ caso. Qui mi conoscono, mi hanno sempre cercato club della mia regione. Ma a parità di categoria è quel che avrei sempre scelto: preferisco un certo calcio, quello del sud, dove c’è seguito, c’è passione, c’è empatia. Prenda Avellino: è un posto perfetto.
Il calcio al sud è fatto anche di tanti problemi: la violenza?
Non c’è dubbio: talvolta si va oltre, ma ormai accade dappertutto.
Di recente ha raccontato della brutta esperienza di Nocera, dove a causa delle contestazioni nei suoi confronti da parte dei tifosi fu addirittura costretto ad avere la scorta, un racconto che le ha attirato ulteriori antipatie dai vecchi tifosi: riflessioni?
Sono stato sempre abituato a dire la verità: l’ho fatto anche in quel caso. Fui a lungo oggetto di contestazione, tanto da essere scortato.

Da cosa nacquero quei contrasti con la tifoseria?
Da un gol fallito, sul campo del Crotone.
Si può andare in giro con la scorta per un’occasione fallita?
E’ strano, oltre che assurdo. Le faccio un paragone: a Nocera, in B, segnai 10 gol e fui ritenuto il responsabile della retrocessione, ad Avellino l’anno scorso ne segnai altrettanti (stavolta s’è superato, ndr) e sono considerato un idolo. Qualcosa non quadra.
L’esperienza più brutta vissuta per una partita?
Un derby: Paganese-Benevento. Ci furono incidenti gravissimi prima della partita: mai provata tanta tristezza su un campo di calcio.
Lei è di Giugliano, hinterland napoletano: come ha vissuto l’episodio dell’aggressione alla squadra?
Sono di Giugliano, vivo a Giugliano. Per me, fu un brutto colpo: conosco un po’ tutti, può immaginare come ci si sente in certi casi.
Da cosa nasce, secondo lei, tanta violenza a margine del calcio?
Penso dal disagio sociale: fa sì che la passione si tramuti in altro. Il disagio porta a incamminarsi lungo strade sbagliate: delinquenza, criminalità.
Tutt’altra storia, la sua?
Ho avuto in grande esempio: mio padre. Fa l’imbianchino, lavora sodo: mi ha fatto capire qual era la strada giusta. Siamo quattro figli: io faccio il calciatore, gli altri lavorano. Quando hai un buon esempio davanti, sai come comportarti nella vita.
Altri aiuti?
Credo in Dio, la religione mi aiuta: Dio e famiglia sono la mia guida.
E nel calcio? Esempi positivi o grandi idoli?
Sono cresciuto guardando Ronaldo, quello vero, il brasiliano: forse, l’unico idolo calcistico. Poi un allenatore, che mi ha aiutato tanto: Eziolino Capuano.
Un personaggio particolare, non crede?
Lui è così, spesso sopra le righe con le parole. Ma è davvero bravissimo. Peccato: forse il suo modo di parlare non lo ha aiutato a fare la carriera che avrebbe meritato.
Il sogno di calciatore?
Giocare un campionato di A, meglio se con l’Avellino, dopo aver raggiunto la promozione sul campo.
E il futuro?
Nel calcio, ma ad altri livelli. Voglio allenare i bambini, essere per loro tecnico e guida: loro rappresentano il volto pulito del calcio
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