In occasione del 25 Novembre, giornata mondiale contro la violenza sulle donne, i Giovani Democratici mettono in campo il loro impegno a sostegno di questa fondamentale battaglia civile. “La violenza sulle donne è una minaccia senza tempo e senza confine; è endemica e non risparmia nazione o paese, sia esso industrializzato o meno. Una minaccia che non contempla alcuna differenza socio-culturale, di classe o di età.” – dice Emanuela Auriemma, responsabile dell’Organizzazione GD – “Le statistiche, infatti, ci rappresentano una situazione assai preoccupante. In Italia, la violenza sulle donne: sessuale, fisica o psicologica, è un problema quotidiano che si consuma quasi sempre in famiglia e di cui la maggior parte delle donne fa ancora fatica a parlare. È una strage di innocenti, in pieno terzo millennio, in un paese che si ritiene avanzato e paladino della difesa dei diritti umani. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità una donna su cinque ha subito, nella sua vita, abusi fisici o sessuali da parte di un uomo. Gli ultimi dati diffusi dall’Istat parlano di un fenomeno in continuo aumento, non solo verso le donne, ma nei confronti dei soggetti più deboli in generale. Alla base della violenza oltre a problematiche psicologiche degli autori, ci sono altri elementi come la disparità di potere che ancora oggi esiste tra uomini e donne. Certo la situazione è cambiata rispetto al passato, grazie anche alla forza e il valore delle stesse donne negli anni andati. Basti pensare al “diritto di correzione” che il marito aveva sulla moglie, e quindi la facoltà di picchiare la moglie per educarla; o al delitto d’onore che prevedeva una condanna a pochi anni di carcere per l’uomo che assassinava una donna della famiglia per aver infangato l’onore della stessa. Credo” – continua Auriemma – “che il mito di Persefone possa far riflettere: la fanciulla figlia di Zeus viene rapita da Ade ed il padre interverrà per liberarla, nonostante sia stato invocato più volte in suo aiuto, solo dopo una forte presa di posizione da parte di Demetra, sua madre. Benché le donne italiane siano più istruite, più libere e godono di maggiori diritti rispetto al passato esse soffrono ancora ai margini di una sfera pubblica prevalentemente maschile. Sfera pubblica che viene alimentata giornalmente dal ruolo della televisione; che ormai non è più un mezzo, ma un soggetto, il più potente protagonista culturale della scena contemporanea. Il problema quindi, va oltre l’urgente bisogno di parità di genere. Sin dalla sua nascita, infatti, la televisione commerciale italiana ha proiettato sul piccolo schermo un’immagine talmente riduttiva della donna da guadagnarsi un triste primato in tutta Europa. I rapporti di genere nella così detta “Televisione Generalista” sono caratterizzati da uomini accompagnati da soubrette semivestite il cui ruolo è sorridere, danzare e applaudire senza parlare. La telecamera inquadra dal basso verso l’alto riducendo a mio parere le donne in oggetto. Noi Giovani Democratici riteniamo che non esista miglior indicatore della salute di una nazione della sua auto rappresentazione in termini di genere e l’Italia, purtroppo e specialmente negli ultimi anni, ha perso molti punti. Ovviamente per violenza sulle donne non intendo solo la violenza sessuale, ma anche quella fisica e psicologica; senza contare quella, forse più atroce, compiuta purtroppo su bambine, anche in tenerissima età: la mutilazione dei genitali. Donne e bambine vengono sottoposte a barbare torture, in condizioni igieniche pessime e senza anestesia. Gli effetti sulla salute sono devastanti, e colpiscono le donne in ogni momento della loro vita sessuale e riproduttiva. I flussi migratori hanno portato il problema (e le sue conseguenze) anche nelle ricche civiltà occidentali. Come arginare questo drammatico fenomeno? La risposta è tutta racchiusa in una piccola (ma grande) parola: cultura! Accendere i riflettori su queste tematiche può e deve servire a porre l’attenzione su un problema che c’è e che necessita di nuove iniziative di politica sociale, a cominciare dalla prevenzione effettuata nelle scuole. Molte associazioni sono già in campo, ma c’è bisogno anche di un importante aiuto dalla politica, per quest’ordine di ragione che noi GD riteniamo che andrebbero migliorate le buone pratiche già esistenti e andrebbe introdotta l’educazione sessuale e di genere nelle scuole. È da piccoli, infatti, che si impara ad essere maschi e femmine, queste esperienze influenzeranno il nostro modo di rapportarci all’altro sesso. La questione dell’educazione è centrale. Prende inizio nelle mura domestiche: sorridere di un bambino che emula comportamenti aggressivi e fa il ‘duro’ fin da piccolo è una forma di cattiva educazione. La famiglia, insieme a tutte le altre agenzie educative e culturali, dovrebbe fare riferimento a modelli più efficaci. Noi Giovani Democratici, insieme al nostro partito, stiamo lavorando per istituire una rete di giovani donne che mettano in campo idee e proposte per aiutare, emancipare e sorreggere l’universo femminile. Stiamo sviluppando un progetto sulla pillola abortiva Ru486, che riguarda proprio la formazione e l’informazione sulla pillola e su tutti i metodi contraccettivi. Non c’è metodo migliore per risolvere un problema, infatti, che prevenirlo. Mi piace chiudere citando la testimonianza di una donna che ha subito violenza:“Mi sento come il marinaio di una nave che ha fatto naufragio schiantandosi contro degli scogli, dopo aver perso la rotta, ed essersi imbattuto in un tifone. Una nave con un carico prezioso, un tesoro, che è colato a picco in fondo al mare, ma è un tesoro che posso recuperare … Devo solo imparare a respirare”.
Redazione Irpinia
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